Irene Urciuolo in “Una tribù, ecco quello che sono” al Teatro Out Off – recensione

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Jan Fabre per il secondo spettacolo presentato nella rassegna a lui dedicata al Teatro Out Off si è ispirato alla poetica del teatro di Antonin Artaud descritta dal drammaturgo francese nel “Primo manifesto del Teatro della crudeltà” e successivamente nell’opera “Il teatro e il suo doppio”. Una crudeltà non fisica ma spirituale che contiene l’invito a tornare alla verità nella sua forma iniziale, essenziale nella sua crudezza, e non contaminata dalle sovrastrutture che il mondo occidentale ha creato perché incapace di affrontare la natura selvaggia in esso insita. Una natura la cui caratteristica è proposta nelle sue varie fasi da Irene Urciuolo, che, seduta per terra, accoglie il pubblico che affluisce mentre rammenda un pezzo di stoffa di colore arancione e intanto canticchia a bassa voce una canzone in francese. Un colore che per effetto delle luci si espande con diverse tonalità per tutta la scena occupata da un gran numero di sacchetti trasparenti di cipolle che sono anche sparse singolarmente sul pavimento. Poi l’attrice raggiunge un tavolo sul quale sono disposte altre cipolle, ne prende una, l’affetta e inizia a mangiarla. Altre cipolle seguiranno la stessa sorte provocando nella donna irrefrenabili lacrime che le scioglieranno il rimmel facendolo colare lungo le guance. Quest’azione che si ripete è quella di una ritualità che consiste nell’eliminare quello che nel tempo è stato aggiunto all’anima e che ne aveva coperto la sua naturalezza. Pelare le cipolle, strato dopo strato, equivale a togliere la pelle posticcia che si era accumulata nei secoli. Il compito che la donna s’impone è quello di “spelare l’anima fin quando non rimane una calcificazione sferica”. E queste azioni di tagliare e pelare oggetti fisici (le cipolle) si impongono perché necessarie a raggiungere la primordiale natura umana. Man mano che esse vengono reiterate si scopre quell’io sul quale nessuna civiltà può fare presa.

Un'attrice con un vestito grigio, mentre morde e affetta un cipolla, esprime intense emozioni che portano a lacrime e rappresenta una ritualità di purificazione. La scena è dominata da un'atmosfera drammatica.

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Il tormento è insormontabile, si traduce in un male ai denti, un crampo alla mascella, fino a portare la donna a una sorta di trasfigurazione animalesca. Urla e agitazioni delle braccia fanno pensare a un gabbiano, una serie di versi e un paio di grandi occhi finti posti sulle palpebre chiuse ricordano una civetta, il prostrasi sul pavimento e abbaiare minacciosamente verso il pubblico è l’azione estrema che prova il raggiungimento di una libertà ancestrale. Non c’è una trama che racconta ma una serie di episodi che si ripetono con i tormenti fatti di grida e urla che diventano sempre più esacerbanti. La donna vuole diffondere il suo pensiero e incita un’immaginaria folla: “la Rivoluzione sarà mentale o non sarà” e intanto comprende che per affondare di più la lama dell'(auto)convincimento le appare necessario pelare più a fondo l’anima togliendosi giacca, camicia e cravatta stretta.

Una performer con lunghi capelli ricci e un camicia bianca è in una posizione di grande espressione emotiva su un palcoscenico scuro, circondata da sacchi di cipolle arancioni. L'artista sembra in preda a un forte tormento, mentre le cipolle sparse attorno a lei evidenziano l'azione ribelliosa e ritualistica della performance.

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Il testo era stato scritto da Fabre nel 2024 ed è stato rappresentato in prima mondiale al teatro Out Off il 10 ottobre con due repliche successive. La drammaturgia è dovuta a Miet Martens. Irene Urciuolo, che era stata già presente lo scorso anno nel Festival dedicato all’autore e regista belga con altri due spettacoli, ha dimostratosi forte impegno fisico oltre che recitativo per il quale ha ricevuto un’ottima accoglienzsa da parte del pubblico.

Visto il giorno 22 ottobre 2025

(Carlo Tomeo)

TEATRO OUT OFFUna tribù, ecco quello che sono – Prima mondiale – Testo, concetto, regia Jan Fabre – Con Irene Urciuoli – Drammaturgia Miet Martens – Traduzione di Franco Paris – Disegno luci e tecnica Wout Janssens – Produzione Troubleyn/Jan Fabre

Categorie RECENSIONI

Un pensiero riguardo “Irene Urciuolo in “Una tribù, ecco quello che sono” al Teatro Out Off – recensione

  1. Avatar di Vincenza63

    Credo che questa ricerca, questa rivendicazione dell’interno e la straziante operazione di spoliazione siano arrivate alla mente ed allo stomaco del pubblico.
    Grazie, Carlo.

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