
RECENSIONE:
Incontriamo Wilfred che lavora come addetto alla pulizia di un parco, lo vediamo mentre lo ripulisce dalle foglie secche con una scopa; altro suo strumento di lavoro è una carriola che gli serve per depositarvi i rifiuti. Ha la barba incolta, indossa un paio di stivali, un grembiule scuro e inizia a parlare di sé raccontando episodi della sua vita. Si percepisce da quello che dice che quella non è la sua ultima occupazione, ne ha avute altre che però non sono chiare. Nasconde qualcosa, Wilfred, e però, mentre narra di sé, lascia indizi che fan pensare che nel suo passato ci sono state azioni non accettabili dalle persone che frequenta sia pure sporadicamente. È cliente di un’edicola dove compra caramelle ma, al ritorno da una festa per il battesimo di due bambini gemelli, la moglie Janet ha motivo di farsi promettere che non ne avrebbe comprato più. La coppia è sposata ed è senza figli e, a giustificazione di ciò, la donna asserisce che la colpa è del suo utero che è inclinato, però subito c’è chi le fa notare allusivamente, e non del tutto troppo scherzosamente: “la tua inclinazione non conta, conta quella di quella di tuo marito”. Queste e altre cose rivive l’uomo e tra i suoi racconti c’è uno stacco temporale annunciato da cambi d’abito e dalla parola “dissolvenza” che lo portano in diversi momenti della sua vita fino all’ultimo che chiude il cerchio e che dà un senso alle parole all’apparenza poco importanti che aveva pronunciato nel suo narrare anche se in scena sono presenti altri due elementi rilevanti che forniscono ulteriori indizi sul suo passato: un’altalena e uno schermo che riporta diverse immagini tra le quali gli omini di Haring. Alla fine si verrà a conoscere qual è la reale condizione di vita di Wilfred e la scoperta avverrà per gradi, quasi in un giallo che inizia in sordina per poi concludersi nelle rivelatrici frasi finali.

Alan Bennett ha la caratteristica di raccontare, spesso anche in maniera ironica, e specialmente nei suoi atti unici, storie che lo stesso autore giudica cupe, che vedono per protagonisti persone disagiate che vivono la loro tormentata condizione ai margini della società e, come annota Arturo Cirillo, lo fa senza giudicare né condannare ma osservando “questi suoi fragili e vibranti personaggi come si osserverebbero le cose della natura, con le sue leggi e le sue eccezioni, le sue regole e le sue devianze”. E in questo modo l’attore rende la figura di Wilfred come una persona comune che racconta con fare mite la sua vita di solitudine. Non ci sono cambi di scena, a differenza di quanto previsto dall’autore nelle didascalie del suo testo, e questa è una scelta felice perché evita l’esposizione dei luoghi dove avvengono le azioni e dona una crescente suspense ai momenti narrativi che si susseguono. Cirillo, attore e regista, in scena per un’ora circa, ha il merito di aver saputo scandagliare a fondo la figura di Wilfred e raggiunge la massima espressività nei momenti descrittivi più cruciali, infondendo agli stessi quelle note dolenti che sono le parti più significative della psicologia del personaggio.
Il monologo merita di essere visto. Repliche fino a domenica 7 maggio.
Visto il giorno 3 maggio 2023
(Carlo Tomeo)
2 > 7 maggio Teatro Elfo Puccini | sala Fassbinder
Il gioco del panino
di Alan Bennett
traduzione Mariagrazia Gini
interpretazione e regia Arturo Cirillo
scena Dario Gessati
costumi Stefania Cempini
luci Mauro Marasà
produzione Marche Teatro in collaborazione con Festival Trend – nuove frontiere della scena britannica in accordo con Arcadia & Ricono Srl per gentile concessione di United Agents LLP
TEATRO ELFO PUCCINI, corso Buenos Aires 33, Milano – Mart/ven. ore 21.00; sab. ore 19.30; dom. ore 16.30 – Durata: 1 h – Prezzi: intero € 34 / <25 anni >65 anni € 18 / online da € 16,50 – Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021