
© Simone Di Luca
È presente in questi giorni al Teatro Strehler il “Sior Todero brontolon” di Paolo Valerio nella pregevole produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, del Teatro de gli Incamminati e del Centro Teatrale Bresciano con Franco Branciaroli, protagonista eccellente al meglio, preme dirlo subito senza se e senza ma, delle sue prestazioni attoriali. Scritta da Goldoni nel 1761 e rappresentata per la prima volta nel gennaio dell’anno successivo in occasione del Carnevale, la commedia riscosse un immediato successo che si ripeté nelle repliche (ben nove!) dello stesso mese. E questo, nonostante il carattere burbero e odioso del protagonista così chiamato dall’autore secondo un’usanza d’epoca che appellava le persone in base alle peculiarità fisiche o caratteriali. L’aggettivo infatti deriva dal verbo brontolare e che, come è indicato dallo stesso Goldoni nella prefazione al testo “spiega e mette in ridicolo il di lui carattere inquieto, fastidioso, indiscreto”. Un temperamento che si “arricchisce” di altri attributi secondo la descrizione che ne fa Marcolina, la nuora di Sior Todero, che, al colmo dell’esasperazione, lo definisce “avaro, superbo e ostinà” e alla quale fa eco l’opinione di Fortunata, sensale del matrimonio, che lo giudica “un vecio senza giudizio e senza reputazion”. Eppure tutte queste caratteristiche, non certo amabili secondo le comuni opinioni, non oscurano il personaggio né lo ammantano di dispregio, anzi lo rendono addirittura simpatico fino al punto che i momenti più godibili per lo spettatore che assiste alla vicenda sono proprio quelli in cui egli è in scena. E qui gioca un ruolo fondamentale la notevole dote interpretativa di Branciaroli tutta giocata sull’espressività del viso e degli sguardi, sulla mimica che accompagna le battute feroci ma anche furbesche, sulle pause di attesa preparatoria che si alternano ai motti incisivi e lapidari, sulla sua voce che sa assumere diverse tonalità e che rappresentato un altro suo punto di forza.
La storia di Sior Todero è nota, essendo la commedia goldoniana tra le più rappresentate nella storia del teatro: il protagonista, definito tale dallo stesso titolo, è uomo di comando che tiene sotto giogo la propria famiglia costituita dal figlio Pellegrin, dalla nuora Marcolina e dalla nipote Zanetta in età da marito. La vicenda è imperniata sui tentativi di Marcolina volti a liberarsi dall’oppressione del suocero per impedirgli di imporre il matrimonio di Zanetta al figlio di un servitore scelto per risparmiare sulla dote. E alla fine sarà proprio lei a raggirarne la volontà anche grazie all’intervento della scaltra Fortunata che proporrà come aspirante alle nozze il proprio ricco cugino Meneghetto molto ben accolto dalla ragazza.

© Simone Di Luca
La scelta registica di Paolo Valerio è quella di totale rispetto filogico del testo di Goldoni al quale ha aggiunto quella che è l’idea più originale della messa in scena: l’uso delle marionette presenti in scena ben visibili a volte in posizione di riposo quasi a rappresentare un pubblico silente che osserva le gesta degli umani, altre volte, e qui ne ravvisiamo la parte più consistente, mentre vengono manovrate e gestite vocalmente dagli stessi personaggi a mostrare una sorta di alter ego significante del proprio io nascosto. L’unico a non fare uso di marionette di legno è Sior Todero perché lui ha la pretesa e il potere di manovrare le persone reali.
Lo stesso Paolo Valerio spiega nelle note del libretto di accompagnamento alla rappresentazione la sua scelta registica in merito all’uso di queste marionette traendone ispirazione dall’amore che Goldoni aveva per esse come risulta dalle “Mémoires”: “Mia madre mi diede alla luce quasi senza dolore, onde mi amò anche di più; e io non detti in pianto, vedendo la luce per la prima volta. Questa quiete pareva manifestare fin d’allora il mio carattere pacifico, che non si è mai in seguito smentito. Ero la gioia di casa. La mia governante diceva che avevo ingegno. Mia madre prese cura di educarmi, e il mio genitore di divertirmi. Fece fabbricare un teatro di marionette, le maneggiava in persona con tre o quattro suoi amici, e in età di quattr’anni trovai esser questo un delizioso divertimento”. E così il regista conclude “Da questo amore per le marionette e dalla presunta leggerezza del suo mondo interiore prende spunto questo progetto di regia che vuole presentare una versione del “Sior Todero” come un Grande Burattinaio, anzi Marionettista.” A rendere più dinamico l’uso delle marionette è la scena finale del primo atto nel quale queste indossano le vesti di quelle classiche della commedia dell’arte a rappresentare una continuità con il genere teatrale dal quale deriva il primo Goldoni. Ci sono tra gli altri Brighella e Colombina sui quali primeggia Arlecchino.
Tutta la commedia si svolge in una scenografia all’apparenza essenziale ma complessa nella struttura fatta da impalcature di legno con appesi sacchi (di iuta?) a rappresentare accumulo di beni propri della persona avara come lo è il protagonista della commedia e poi corde, graticci, bastoni e diversi altri strumenti usati dai manovratori. E infine sul parquet un grosso baule, luogo di rifugio del timoroso Pellegrin, e scatole di legno che, ove necessario, fungono da economiche sedie. Sul fondale un sipario chiuso che viene aperto le volte in cui entra in scena Sior Todero assiso su una sorta di trono costellato di marionette.
La regia di Paolo Valerio è travolgente nell’utilizzare al meglio la deliziosa lingua veneziana che si compone di tante sfaccettature a seconda dei personaggi che la parlano e che va da quella più essenziale con le tonalità prepotenti di Sior Todero a quella più popolaresca della servitù, da quella più moderna di Marcolina e Fortunata a quella quasi italianizzata di Meneghetto non a caso dichiarato avvocato dalla cugina. In questo calembour di multiformi accenti rigorosamente veneziani del Goldoni più maturo si muove con grande professionalità una compagnia affiatata in cui spiccano, oltre al protagonista Franco Branciaroli, Stefania Felicioli nel ruolo di Marcolina, donna volitiva che, per non sacrificare la figlia, è ben decisa a tener testa al suocero e ad imporsi al debole marito che è interpretato dall’eccellente Piergiorgio Fasolo, ottimamente inquadrato nella parte dell’uomo timoroso sempre pronto a nascondersi nei momenti difficili. Se Marcolina ben sa come barcamenarsi per raggiungere il proprio scopo non da meno è il personaggio di Fortunata, parecchio astuta e sottile nelle argomentazioni, alla quale dà corpo e voce l’ottima Ester Gallazzi. E molto ben riuscita è anche la caratterizzazione di Riccardo Maranzana nelle vesti di Desiderio.
Lo spettacolo, che è stato molto apprezzato con ripetuti applausi, sarà in replica fino al 19 ottobre. È meritevole di essere visto. In calce all’articolo i crediti e le modalità per acquisto biglietti.
Visto il giorno 15 ottobre 2025
(Carlo Tomeo)
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dall’11 al 19 ottobre 2025
Sior Todero brontolon
di Carlo Goldoni
drammaturgia di Piermario Vescovo
con Franco Branciaroli
e con Piergiorgio Fasolo, Stefania Felicioli, Alessandro Albertin, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Valentina Violo, Emanuele Fortunati, Davide Falbo, Federica Di Cesare
in collaborazione con I Piccoli di Podrecca
regia Paolo Valerio
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Stefano Nicolao
luci Gigi Saccomandi
musiche Antonio Di Pofi
movimenti di scena Monica Codena
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro de gli Incamminati, Centro Teatrale Bresciano
Orari: martedì, giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.30; domenica, ore 16.
Durata: 2 ore e 15 minuti con intervallo
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro
Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org
