“Macbeth, Inferno” al Teatro Leonardo di Milano – comunicato stampa

© Angelo Redaelli

MTM Teatro Leonardo – dal 23 ottobre al 2 novembre

Macbeth, Inferno

da W. Shakespeare

Progetto, adattamento e regia Corrado d’Elia

con Corrado d’Elia, Chiara Salvucci, Marco Brambilla

e con Sabrina Caliri, Irene Consonni, Tommaso di Bernardo, Edoardo Montrasio, Denise Ponzo, Diego Saponara

assistente regia Marco Rodio
scene Fabrizio Palla
grafiche Chiara Salvucci
tecnico luci Francesca Brancaccio
tecnico audio Davide Andreozzi
produzione Compagnia Corrado d’Elia

Un viaggio infernale, terrificante e perfetto.
Uno spettacolo che toglie il fiato
e che ci catapulta senza ritorno
dentro la parte più oscura dei nostri desideri.”

Lo spettacolo è un viaggio teatrale nell’incubo.

Una discesa nella parte più oscura e perturbante del capolavoro shakespeariano. Non si tratta di una messinscena tradizionale, né di un adattamento narrativo: in scena non c’è propriamente la tragedia shakespeariana, ma il suo sogno più nero, la notte più lunga, il rituale che lo possiede. La trama viene svuotata. I legami causali si spezzano. Le psicologie si dissolvono come fumo. Resta la carne. Resta il sangue. Resta il sortilegio.

Macbeth è un uomo intrappolato in un sogno dal quale non riesce a svegliarsi. Tutto intorno a lui si muove come in un delirio: figure oscure, luci improvvise, voci lontane, sussurri, risate che escono dal buio. Gli incubi si fanno corpo, gesto, danza. Il tempo si deforma, si avvita su sé stesso, si ripete. Non c’è più azione, solo trance. Macbeth non è più protagonista: è un iniziato, una vittima sacrificale, un corpo smarrito che attraversa uno spazio che non è più reale, ma simbolico, rituale, ancestrale.

È entrato in un tempo altro, in un luogo dove la colpa non nasce dalla scelta, ma dal destino. È una pedina in un gioco già scritto. In questo mondo irreale ma potentissimo, domina la figura di Lady Macbeth. Non è solo complice, ma guida. È sacerdotessa, strega, madre arcaica. È la vera burattinaia, la regina delle ombre. Lei evoca, possiede, consacra. Macbeth è solo il suo strumento, il suo figlio/amante sacrificale, un corpo offerto al rito.

Ogni scena è un cerchio magico, un passaggio di dannazione. Il testo si fa liturgia. Le parole diventano invocazioni. I gesti, preghiere rovesciate. La luce è un sigillo.

Siamo in un teatro alchemico e visionario, dove tutto si fonde: insieme parola, corpo, immagine, suono. Un teatro della trance, dove il gesto si ripete come in una danza rituale, e il corpo diventa veicolo di possessione: epilettico, ossesso, tarantolato. Il suono è la chiave d’ingresso: rumori, ruggiti, eco distorte, musiche ancestrali guidano lo spettatore in uno spazio interiore che è anche spazio di dannazione.

Lo spettatore non guarda: attraversa. È immerso in un’esperienza onirica, sacrale e perturbante. Non assiste a un dramma, ma partecipa a un sabba. Sente il battito del suo cuore, vede lo spettro della sua colpa.

In questo Macbeth, non c’è morale. Non c’è redenzione. C’è solo un destino che si compie. È solo un rito che brucia. Un teatro che non consola, ma sconvolge.

Attrice distesa su una superficie scura, con un'espressione intensa sul volto e una mano che le stringe il collo, evocando un'atmosfera inquietante e drammatica.

© Angelo Redaelli

Note di regia

“”MACBETH INFERNO è un’operazione drammaturgica radicale e poetica. Il testo shakespeariano è ridotto all’essenziale, rifuso e bruciato come materia rituale. Le parole diventano mantra, le battute delle streghe e della Lady si fanno invocazioni. Ogni suono è carico di senso, ogni gesto è parte di una liturgia. La struttura dello spettacolo segue un impianto onirico, frammentato e ipnotico. I personaggi appaiono e scompaiono come visioni. Il tempo si deforma, si inceppa, si ripete. Macbeth è intrappolato in un incubo che si avvolge su sé stesso.

Tutto è rituale. Ogni azione ha un valore simbolico. Le figure in scena agiscono come corpi medianici, come officianti di un culto segreto. Sono figure dell’inconscio collettivo, incarnazioni del Male, testimoni muti di un disegno già scritto. La discesa nell’inferno è progressiva. Macbeth viene lentamente inghiottito da un abisso che non ha fondo. A guidarlo è lei, la sacerdotessa suprema, voce arcana e seduttiva, che lo inizia, lo solleva e infine lo abbandona.

Lo spettacolo è costruito come un flusso visivo e sonoro continuo. La partitura musicale, accompagna ogni gesto, ogni buio, ogni silenzio. I rumori, i respiri, i ruggiti invadono la scena. Le luci, anch’esse rituali, tagliano lo spazio come lame, creano soglie, evocano presenze. Il buio diventa luogo drammaturgico, dimensione scenica viva. Ogni passaggio è una soglia, ogni scena un cerchio magico.

Macbeth Inferno non è uno spettacolo da capire, ma da attraversare. In scena non si sviluppa una narrazione lineare, ma un vero e proprio rito.

Lo spettatore non è un lettore, è un iniziato. Dimentichiamo quindi il teatro tradizionale in cui si entra per seguire una storia e linearmente si ascolta, si comprende e si decodifica. In questo progetto, lo spettatore è invitato a sospendere il bisogno di comprendere razionalmente, per lasciarsi travolgere da qualcosa di più profondo e misterioso. Il pubblico viene condotto in una zona liminale, dove l’esperienza diventa sensoriale, simbolica e viscerale. Non è mai la logica a guidare, ma il sentire.

Macbeth Inferno è dunque un’esperienza immersiva: luci, suoni, corpi, parole, ripetizioni, apparizioni, agiscono esclusivamente come strumenti magici, non come elementi descrittivi. L’effetto non è quello del racconto, ma del puro maleficio.

Ogni scena è dunque un cerchio magico che si apre e si richiude, ogni immagine un segno alchemico, ogni voce è una vibrazione che attraversa il corpo dello spettatore. Come ogni rito – anche quello teatrale – Macbeth Inferno non si spiega razionalmente. Questo ne preserva la potenza, il perturbante, il trasformativo. Perché è proprio in questo spazio che la paura, la suggestione e il fascino oscuro tornano vivi come ai tempi di Shakespeare e parlano al pubblico in modo diretto e profondo””. (Corrado d’Elia)

Teatro Leonardo

da martedì a sabato ore 20.30 – domenica ore 16.30

intero € 30,00 – convenzioni € 24,00 – ridotto Arcobaleno (per chi porta in cassa un oggetto arcobaleno) € 24,00 – Under 30 e Over 65 € 17,00 – Università € 17,00 – scuole di Teatro € 19,00 – scuole civiche Fondazione Milano, Piccolo Teatro, La Scala e Filodrammatici € 11,00 – Scuole MTM € 10,00 – ridotto DVA € 15,00 tagliando Esselunga di colore ROSSO

durata dello spettacolo: 75 minuti

Info e prenotazioni – biglietteria@mtmteatro.it – 02.86.45.45.45

Abbonamenti: MTM Ritrovarsi a volare, MTM Ritrovarsi a volare Over 65, MTM Ritrovarsi a volare Under 30 x4 spettacoli, MTM Corrado d’Elia x4 – valido fino al 21/12/25. Biglietti sono acquistabili sul sito www.biglietti.mtmteatro.it e sul sito e punti vendita Vivaticket. I biglietti prenotati vanno ritirati nei giorni precedenti negli orari di prevendita e la domenica a partire da un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

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