Liv Ferracchiati in “La morte a Venezia” al Piccolo Teatro Studio Melato – Recensione

La scena è quasi vuota non fosse per quei tre pannelli sul fondale dove verranno proiettati video e per un cesto di fragole che una voce femminile fuori campo offre agli spettatori disposti all’assaggio una volta che avranno vinto la timidezza. Frutti che, ripresi da una videocamera ravvicinata, ne rimanda immagini attraenti. Più avanti però si verrà a sapere che quelle rosacee, sono contaminate dal colera e saranno causa di morte. È proprio questa la tematica della pièce che si può cogliere in un giovane contemplato per il suo corpo somigliante alla statua di un dio greco invano ammirato fino all’amore totale da parte in una persona in età avanzata. Liv Ferracchiati, novello Gustav von Aschenbach, è in scena e aziona la videocamera dirigendola verso la platea per cercare qualcuno che sa di poter trovare: Tadzio o una persona che, identificandovisi, rinnoverà il rapporto silente fatto di soli sguardi che si instaura tra una persona la cui età è sul viale del tramonto e quella di un ragazzo dal fascino proprio dell’adolescenza. Due sguardi che si incrociano, il primo che passa da ammirazione platonica a una più concreta pulsione dei sensi, il secondo che sembra chiedere inizialmente il motivo di essere osservato con insistenza per poi acquistare una sorta di aria compiaciuta interpretabile come una promessa. Perché l’incrocio di sguardi, sia pur diversi nell’intensità e nelle loro rispettive ragioni di essere, creano un’unione sottaciuta ma non per questo meno importante. Per questo il sottotitolo della pièce è “libera interpretazione di un dialogo tra sguardi”.

Il Tadzio che Ferracchiati ha trovato scrutando il pubblico è Alice Raffaelli che raggiunge il luogo della rappresentazione e inizia i suoi sinuosi movimenti di danza seguiti passo dopo passo dalla videocamera tenuta a braccio. Sono serie di riprese ossessive, un entrare, soffermarsi, uscire e rientrare in una situazione che acquista ogni volta le varie forme dei movimenti danzanti e tutte intrise di quel velo di tristezza che è il leitmotiv della storia dove la bellezza può essere sfuggente in sintonia a quel pensiero di Josef A. Brodsij proiettato all’inizio su un pannello (“In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, la lacrima è il modo con cui la retina – come la lacrima stessa – ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza.)”

Poi qualcosa succede. “Mi sei scoppiato dentro il cuore all’improvviso”: è la voce di Mina che con un artefatto prolungamento della vocale a fine frase infonde uno stridente senso di drammaticità all’azione tale da interromperla per introduce la scena successiva in cui a essere ripresa non è più la Raffaelli ma lo stesso Ferracchiati che coglie sul proprio volto i segni dell’invecchiamento e chiede a lei di aiutarlo a renderlo bello. Viene introdotta in scena una poltrona simile a quelle dei parrucchieri per uomini sulla quale Liv si sottopone al trucco e le immagini dell’operazione sono proiettate sul pannello. Tra i due nasce un dialogo che diventa un monologo appannaggio di Aschenbach che confessa quanto la sua esigenza di scrivere si sia fatta pressante anche se non assecondabile perché, come ammette, “ci sono cose indicibili e per questo non riesco a scrivere di me”. Tazio non comprende e per questo accoglie l’invito a compiere quegli undici passi richiesti per avvicinarsi e però, una volta compiuti, non accade nulla. Le frasi di Aschenbach acquistano il sapore di un’analisi che indaga sul significato di un incontro fatto di sguardi esprimenti valori diversi dove uno dei due è segnato da una bramosia indicibile ma non per questo inascoltabile perché “la vita si accende nel desiderio”. E alla fine, a esprimere dolore, non resta che una lacrima del colore del mare di Venezia disegnata su una gota.

La sceneggiatura dello spettacolo, che si sviluppa in due momenti in cui il primo si distingue per un’azione più dinamica, prevalentemente dovuta ai movimenti coreografici del corpo di Alice Raffaelli ripresa dalla videocamera, e il secondo che è affidato maggiormente alla parola di Ferracchiati sostenuta dal suono avvolgente e suggestivo di spallarossa, è la sintesi di un tema appassionante quale può essere la casta ammirazione per la bellezza che trova alimento nella sola contemplazione e il passaggio al desiderio che implica il possesso fisico della persona ammirata. Sentimento che porta sgomento in Aschenbach che sente cedere la mente al potere dei sensi e si sveglia di notte con la sensazione di sentirsi mancare il respiro. Un connubio tra amore e morte, il primo inappagabile e la seconda inconsciamente desiderata e raggiunta ricorrendo alle fragole contaminate.

Lo spettacolo, ben rappresentato grazie all’ausilio sapiente degli strumenti teatrali, si distingue per l’ottima performance di Alice Raffaelli oltre che per la capace resa registica e attoriale di Liv Ferracchiati. Resterà in scena fino a domenica 25 maggio. In calce all’articolo sono riportati i crediti e le modalità di acquisto biglietti.

Visto il giorno 22 maggio 2025

(Carlo Tomeo)

Piccolo Teatro Studio Melato (Via Rivoli, 6 – M2 Lanza) dal 15 al 25 maggio 2025

La morte a Venezia – Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi ispirato a La morte a Venezia di Thomas Mann

drammaturgia e regia di Liv Ferracchiati – con Liv Ferracchiati e Alice Raffaelli – movimento Alice Raffaelli – dramaturg Michele De Vita Conti – aiuto regia Anna Zanetti / Piera Mungiguerra – assistente alla drammaturgia Eliana Rotella – scene Giuseppe Stellato – costumi Lucia Menegazzo – luci Emiliano Austeri – suono spallarossa – voce di Tadzio Weronika Młódzik – consulenza letteraria Marco Castellari – foto Tommaso Le Pera

produzione Spoleto Festival dei Due Mondi, Marche Teatro, Teatro Stabile dell’Umbria, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini in collaborazione con Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

Orari: martedì, giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.30; domenica ore 16. Lunedì riposo. Durata: 60 minuti senza intervallo

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org.

Categorie RECENSIONI

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