
Daria Deflorian e Antonio Tagliarini sono presenti in questi giorni al Teatro Fontana in uno dei loro spettacoli storici la cui rappresentazione si svolge in una sala rettangolare circondata ai lati dagli spettatori.
I due attori/performer sono seduti ai bordi estremi di un lungo tavolo al cui centro è disposto uno specchio che sembra assimilabile a una rete divisoria, utile per una partita di pingpong. Ma non ci sono racchette, né pallina e la loro non è una sfida ma un palleggiarsi ricordi un po’ annebbiati di un tempo passato che hanno vissuto assieme. Accanto a loro due truccatrici si adoperano a invecchiarne i volti, disegnando rughe e dipingendo in bianco la barba e i capelli di lui. Lei evoca un periodo che avevano vissuto per un breve periodo in una casa di Lugano dove la locataria li assillava perché durante la loro assenza non disponevano con ordine le sedie vicino al tavolo. Lei non capiva quella mania ma ora che ha raggiunto un’età più matura e possiede un tavolo rotondo come aveva sempre desiderato ne ha compreso la rilevanza perché ha acquisito l’importanza dell’ordine che significa certezza. Lui non ricorda quei particolari, parla del tempo che scorre e sente il peso del suo essere lontano dalla gioventù anche se non ancora vicino alla vecchiaia: ora è un semivecchio, che rappresenta un’età di mezzo non apprezzabile quanto quella della vecchiaia completa dove quando cammini per strada sei più considerato. Dei due è lei a sembrare più interessata a rievocare aneddoti e esperienze del passato vissuti quando facevano compagnia teatrale insieme. Momenti di spettacoli particolari, innovativi che proprio per questo raccoglievano pochi spettatori, recitati in piccoli teatri. Pasti conformi alla dieta di lui, sempre uguali, a base di petto di pollo, zucchine e riso in bianco, ma non di tipo basmati che si usa oggi e che si cuoce in fretta ma quell’altro che restava a lungo in ammollo prima di giungere alla completa cottura. Ma ora sono lì, quasi novelli Giulietta Masina e Marcello Mastroianni, pronti a ripercorrere le fasi del film di Fellini “Ginger e Fred” in cui i due attori erano due ballerini che in gioventù erano imitatori di Ginger Rogers e Fred Astaire e venivano chiamati a distanza di anni per esibirsi in una trasmissione televisiva di poco valore. E da qui iniziano ricordi di alcuni episodi significativi che erano accaduti durante le riprese del film, come quello nel quale la costola della Masina si era incrinata e sembrava che le riprese non potessero andare più avanti. E anche dell’incidente accaduto a Mastroianni e che viene simulato. Ma non manca quello più divertente in cui Fellini aveva fatto un apprezzamento scurrile al deretano di una comprimaria del film e lui, ora che lo rammenta, confessa che sarebbe curioso di incontrare oggi quella donna, che dovrebbe avere oltre sessanta anni, per verificare lo stato fisico della parte, fonte di desiderio del regista. Man mano che scorrono, i ricordi si intrecciano con la realtà. Lei si sente cucita addosso il personaggio di Amelia interpretata dalla Masina e lui fa suo il Pippo di Mastroianni che passa la notte su una panchina della stazione. Tema della pièce è quello dell’invecchiamento e del senso della vulnerabilità dell’artista soggetto alle oppressioni dei cacciatori di notizie sulle quali speculare (e non a caso lei, dopo che le è stato completato il trucco e si siede su un divano posto all’estremità della sala, cita l’esistenza di Greta Garbo che, ritiratasi dal lavoro all’età di 36 anni, dovette per tutta la vita sfuggire ai paparazzi al punto di ammettere che lei conosceva tutte le uscite di sicurezza dell’Hotel Plaza dove risiedeva e di tutti gli altri hotel della città). I due raccontano e nello stesso tempo rivivono aneddoti di episodi che non appartengono a loro ma che si cuciono addosso in un clima di sovrimpressione che procurano una serie di entrate e uscite dai due personaggi felliniani fino al momento in cui lui, indossato lo smoking, accenna ai passi di danza di Pippo ripetendone anche il cruciale finale. Lei, invece, che rifiuta l’abito simile a quello utilizzato dalla Masina (e che è del tutto uguale a quello esposto a Cinecittà), si muove a passi lenti, incerti, quasi a sentirsi fuori posto. Alla fine a regalare un dolce tocco di saudade a uno spettacolo così incantevole è la voce diffusa di Fred Astaire in “Change Partners” sulle cui note Tagliarini danza con l’eleganza che gli è propria.
Spettacolo che procede in un crescendo emozionale che sa toccare gli animi e gli spettatori presenti ne hanno saputo cogliere il fascino dimostrando l’approvazione con lunghi appassionati applausi. Repliche fino a domenica 18 maggio. Ne consiglio la visione. In calce all’articolo le INFO riportanti i crediti e le indicazioni per l’acquisto biglietti. Si precisa che lo spettacolo è riservato a un massimo di 80 spettatori a sera,.
Visto il giorno 14 maggio 2025
(Carlo Tomeo)

Progetto di e con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini e con Cecilia Bertozzi e Chiara Boitani – liberamente ispirato al film “Ginger e Fred” di Federico Fellini – Assistente alla regia Chiara Boitani – Disegno luci Giulia Pastore – Costumi Metella Raboni – una produzione A.D., Santarcangelo Festival – Produzione, organizzazione, amministrazione Valentina Bertolino, Silvia Parlani, Grazia Sgueglia – Comunicazione Francesco Di Stefano – Residenze Ostudio Roma, Carrozzerie | n.o.t
INFORMAZIONI
orario: ven. / sab. ore 20,30 – domenica ore 16.00
PREZZI: Intero 25 € – Under30 15 € – Over 65 / Under 14 12 € – Convenzioni 20 €
Scuole di teatro 12 € – Prevendita e prenotazione 1 €
Info e prenotazioni +39 0269015733 biglietteria@teatrofontana.it
