
8 > 30 maggio | sala Bausch
Io sono il vento
di Jon Fosse
regia Marco Bonadei
con Angelo Di Genio e Marco Bonadei
traduzione Vanda Monaco Westerståhl
collaborazione alla regia Alessandro Frigerio
drammaturgia del corpo Chiara Ameglio
luci Michele Ceglia
dispositivo sonoro Gianfranco Turco e Leonardo Bonetti
scene Marco Bonadei ed Elena Rossi
costumi Elena Rossi
produzione Teatro dell’Elfo
prima nazionale
Giovedì 8 maggio debutta in prima nazionale Io sono il vento, testo teatrale di Jon Fosse, premio Nobel per la letteratura 2023. Marco Bonadei, attore attivo da anni sui palchi del Teatro dell’Elfo, firma un originale progetto registico dal forte impatto visivo e performativo. In scena insieme ad Angelo Di Genio dà corpo ai dialoghi frammentati e scarni dell’autore norvegese, ai suoi scambi verbali sospesi e punteggiati di silenzi.
Il regista orchestra un concerto di voci e suoni misterioso e poetico, in un ambiente immersivo dominato da una grande vasca d’acqua bianca e da una fitta pioggia di microfoni neri. Che sia il Lete, un limbo o il fondo dell’oceano, è qui che i due interpreti accompagnano lo spettatore per un viaggio onirico, una traversata verso l’infinito.
Note di regia
Due uomini a bordo di una barca viaggiano sul confine sottile che separa vita e morte. Non hanno un nome, sono l’Uno e l’Altro. L’Uno è “andato”, l’Altro cerca di capire il perché. Cosa ha spinto l’Uno a pensare alla morte come unica soluzione, ad andarle incontro, a cercarla? Non esistono parole che possano esprimere i motivi di un gesto estremo, inteso non solo come la fine di una vita, ma come l’abbandono di un’identità definita.
Chi sono l’Uno e l’Altro non ci è dato sapere. Le connotazioni identitarie dei due personaggi sono del tutto assenti. L’identità stessa è percepita come un limite invalicabile per comprendere il senso profondo dell’esistenza, come se mentisse sull’essenza più intima dell’essere umano e nascondesse quell’estasi della rassegnazione di quando non si è più “qualcuno”.
Io sono il vento del norvegese Jon Fosse, Premio Nobel per la Letteratura 2023, è caratterizzato da una scrittura radicale, scarna e rarefatta, ai limiti del minimalismo. Le ripetizioni, le lunghe pause, i paesaggi solitari trasmettono la ricerca dell’autore di ciò che è semplice e minimo. Un linguaggio che tasta i limiti stessi della parola. “Sono solo parole”, risponde l’Uno alle richieste di raccontare che gli rivolge l’Altro, non tanto per un’incapacità nel comunicare, quanto piuttosto per scelta: forse si deve tacere per dire il vero. Ciò che è decisivo, ciò che è davvero importante sta nel vuoto, in ciò che non viene detto. La parola è solo una fenditura nel silenzio, un silenzio che si nutre del suo contrario e prende vita nell’esperienza di ciascuno spettatore.
Facciamo parte di una società fondata sul dialogo e sul confronto, in cui si impara a gestire i propri conflitti parlando e rifuggendo dal silenzio, dove chi parla vuole comunicare e chi tace ha qualcosa da nascondere. Una società terapeutizzata, che ripone nella confessione e nell’ininterrotto parlare la chiave d’accesso all’interiorità dell’essere umano. E se invece le parole nascondessero anziché svelare? Il mistero nei personaggi di Fosse è che essi non nascondono niente, nel loro silenzio si trova una pulsione che spinge verso una qualche forma di misticismo, una volontà di non identificarsi con le questioni del tempo, aprendosi a uno stato simile a quello meditativo.
La scena è uno spazio installativo, dominato da una grande vasca d’acqua bianca e da una fitta pioggia di microfoni neri. Che sia il Lete, un limbo o il fondo dell’oceano, si tratta di un luogo del silenzio, dove ogni movimento, suono e voce sono amplificati. L’azione è slegata dal senso, parola e corpo sono dissociati e viaggiano su binari paralleli, in un loop rituale all’interno di un tempo dilatato e a-realistico. I due interpreti, un’unica voce in un monologo interiore bipartito, avanzano verso l’atto catartico conclusivo: un gesto poetico e teatrale, comprensione ultima dell’esperienza di vita e morte. Quando la poesia non significa più, ma semplicemente è. (Marco Bonadei)
Teatro Elfo Puccini, sala Bausch, corso Buenos Aires 33, Milano
Prezzi per lo spettacolo: intero € 34 | <25 anni € 15 | >65 anni € 20 | online da € 16,50
Orari: Giovedì 8 ore 21 | Martedì, mercoledì, giovedì (dal 15 maggio) e sabato ore 19:30 | venerdì ore 21 | domenica ore 15.
Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021
