“Fedra” al Piccolo Teatro Strehler – Recensione

Opera di grande rilievo di metà stagione teatrale milanese è offerta in questi giorni dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e rappresentata nella sala Strehler: è la “Fedra” di Racine nella storica traduzione di Giovanni Raboni che Federico Tiezzi ha realizzato con un dispiegamento notevole di elementi scenografici di grande impatto e una magistrale regia forte di un cast di prim’ordine al centro del quale primeggia la virtù recitativa di un’attrice di enorme spessore qual è Elena Ghiaurov che dà della protagonista del dramma un’interpretazione trascinante, carica di espressività nel rendere tutte le varie sfumature del sentimento dell’amore quali il tormento, la drammaticità, la rabbia fino a toccare la gelosia finale che chiama vendetta.

Un luminoso sipario dorato nasconde quella che si rivelerà essere una sala del regno di Teseo a Trezene. Fedra danza con fare sinuoso insieme a due donne sventolanti larghi ventagli piumati e che si riveleranno essere due ancelle, e canta la famosa romanza “Je crois entendre encore” tratta dall’opera “Les pecheurs des perles” (“Oh nuit enchanteresse / Divin ravissement / Oh souvenir charmant / Folle ivresse, doux reve!”). Un canto d’amore, arioso, che sa di promessa e che una voce tenorile riprenderà alla fine facendogli assumere i toni di una tragica beffa. Molto diversa appare la donna quando sarà mostrata nella camera dove ella confida a Enone, l’anziana nutrice, il suo amore colpevole per il figliastro Ippolito e intanto invoca la morte affinché la liberi da quella sofferenza. A fare da cornice alla sua disperazione una sorta di chaise-longue divano scuro di marmo con venature, un paio di sedie sghembe indizio simbolico di instabilità emotiva e d’azione mentre dal soffitto pendono due enormi lampadari a gocce. I lati sono costituiti da quattro erme e da due specchi, mentre il fondale è occupato dalla riproduzione del quadro di Guido Reni “Atalanta e Ippomene”. Quell’ambiente resterà uguale per tutti gli episodi successivi dove sono coinvolti anche gli altri personaggi, salvo poche variazioni come la presenza di un tavolo e la stampa del fondale che prima rappresenta il profilo di un lupo feroce e poi è sostituito da una teca di vetro contenente all’interno un bonsai. Intanto l’azione all’inizio vede Ippolito che si prepara a partire per l’Epiro alla ricerca del padre di cui non si hanno notizie. In realtà la partenza si rende per lui necessaria per cercare di dimenticare Aricia, la principessa di Atene e tenuta prigioniera in Trezene, e di cui è segretamente innamorato. Ma giunge la notizia che Teseo è morto, Fedra teme per i suoi figli e le conseguenze che ne possono derivare ma in questo viene tranquillizzata dallo stesso Ippolito. Quella che lei interpreta come una forma di magnanimità da parte dell’uomo le dà il coraggio di offrirglisi rivelandogli così il proprio sentimento. Respinta chiede invano di essere uccisa ma Ippolito, che nel frattempo aveva rivelato a Aricia il suo amore donandole la libertà e chiedendole di regnare insieme a lui, fugge lasciandola nella disperazione. Teseo in realtà non è morto e torna trionfante a corte ma sarà colto da sorpresa e da sdegno verso il figlio quando ascolterà le false accuse rivelategli da Enone sulla violenza che Ippolito avrebbe esercitato nei confronti di Fedra. Il finale vede l’allontanamento del giovane mentre Fedra, che in un primo momento era pronta a salvarlo dichiarandolo innocente perché riteneva che il rifiuto alle sue profferte fosse dovuto a una forma di castità, alla scoperta del suo amore per Aricia, si infiamma di gelosia provocando il tragico finale.

La felice regia di Federico Tiezzi si distingue per una messa in scena che, in contrasto con l’ambientazione che affonda le radici nel mito, rivisita la vicenda in chiave psicoanalitica il cui testo, come da lui dichiarato, “è un testo di confessioni, ogni personaggio confida a un altro qualcosa che non può essere detto”. In quest’ottica la scenografia, progettata in parte anche da lui stesso, assume nella sua resa formale un carattere metafisico dove il nero di base è “contaminato” dalla fredda luminosità dei led e attraversato da una luce più calda dalle tonalità cangianti a seconda dei momenti topici, come l’arrossarsi intenso dei lampadari che è da richiamo alla passione e al sangue quando a Teseo viene riferito l’oltraggio fatto alla moglie. In carattere con questa scelta sono i costumi distintivi di più epoche dove il nero sovrasta ogni altro colore e diventa portavoce delle situazioni più tragiche. Le entrate in scena di vari personaggi, specialmente quando avvengono per gruppi, sono segnate da una coreografia improntata al “ralenti”, avente funzione descrittiva di stati d’animo. Così Elena Ghiaurov: “Questo suo” (riferito a Freda) “lato della sua vita così onirico, così freudiano è stato presente nel nostro lavoro sia dal punto di vista della parola sia dal punto di vista dei movimenti coreografati che non sono naturalistici ma sono situazioni anche sceniche e che hanno un riverbero onirico”. Molti sono gli elementi simbolici disseminati qua e là per tutta la durata della tragedia, un unico atto di 120 minuti senza intervallo che sa essere avvincente mantenendo desta l’attenzione, e allo spettatore attento è dato il compito di individuarne alcuni. Alla magnifica interpretazione della protagonista alla quale ha dato voce e corpo la strepitosa Elena Ghiaurov, si accompagna l’altrettanto preziosa prova attoriale dei co-protagonisti Riccardo Livermore (Ippolito), Bruna Rossi (Enone), Massimo Verdastro (Teramene) Martino D’amico (Teseo), molto bene accompagnati da Catherine Bertoni de Laet e Valentina Elia. Nella sera in cui ero presente alla rappresentazione il pubblico ha mostrato forte apprezzamento con calorosi e ripetuti applausi. Repliche fino al 17 aprile. In calce le INFO con i crediti e le modalità per acquisto biglietti e, come precisato all’inizio, questo è uno degli spettacoli decisamente tra i più belli di questa stagione per cui sarebbe un vero peccato perderlo.

Visto il giorno 10 aprile 2025

(Carlo Tomeo)

Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dal 9 al 17 aprile 2025

Fedra di Jean Racine, traduzione Giovanni Raboni 
regia Federico Tiezzi 
con Catherine Bertoni de Laet, Martino D’Amico, Valentina Elia, Elena Ghiaurov, Riccardo Livermore, Bruna Rossi, Massimo Verdastro – scena Franco Raggi, Gregorio Zurla e Federico Tiezzi – costumi Giovanna Buzzi – luci Gianni Pollin – canto Francesca Della Monica – movimenti coreografici Cristiana Morganti – regista assistente Giovanni Scandella – costumista assistente Lisa Rufini – scenografa assistente Erika Baffico – foto Luca Manfrini 

produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale, Compagnia Lombardi-Tiezzi

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo. – Durata: 120 minuti senza intervallo – Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org

Categorie RECENSIONI

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