
Undici corpi abitati da vesti bianchi con le schiene rivolte al pubblico sono accovacciati sulla zona sinistra del palcoscenico. Hanno in mano leggere e sottili sculture di ferro dal colore argentato che riproducono esseri e oggetti della quotidianità (un cespuglio, un gallo, un toro, una piccola automobile…). Al suono della sonata “the Swan” di Camille Saint-Saëns eseguita dalla Band Yo-Yo Ma e Kathryn Stott che invade la scena, iniziano a muoversi, e, allungati sul pavimento, si trascinano lentamente lungo tutto lo spazio fino a raggiungere la parte destra dello stesso. Poco per volta quei corpi si sollevano e, agendo sulle punte, cominciano a impegnarsi in passi di danza continuando a non mostrarsi frontalmente. Le piume dei loro tutù, in contrasto con il soggetto della sonata, sono di struzzo sulle quali sono fissate mollette, metafora di una forma di costrizione dalla quale finiranno poi per liberarsi utilizzandole concretamente quando legheranno su uno stendibiancheria gli abiti rossi che indosseranno in una seconda fase della loro danza. E sarà quello il momento in cui la musica classica europea lascerà spazio alla canzone “Amatshitshi Amhlophe” di Amatshitshi Amhlophe poi seguita da canti tradizionali di diversi paesi africani nella quale gli artisti in scena riconosceranno la loro identità. Si rivolgeranno quindi alla platea mostrandosi con le labbra colorate in bianco e le sopracciglia in rosso, un segno di come possono apparire i loro volti agli occhi degli europei, quasi una sfida contro le leggi razziali e nello stesso tempo una piena affermazione identitaria. In contrasto con le vesti bianche proprie della danza classica, prendono piede poi quelle coloratissime, in cui prevale il rosso, segnale di sangue e di passione, a significare dolore e riscatto. Significativo in tal senso è il momento in cui le danzatrici appendono le scarpette allo stendibiancheria.

“Hatched”, il titolo del balletto di Mamela Nyamza, sta per “lo schiudersi delle uova” ed è quello che accade sulla scena dove, oltre a significare la presa di coscienza per il superamento dei condizionamenti imposti dalla società contemporanea, è raccontato il passaggio dalla musica classica di cultura europea a quella dei paesi africani, alcuni provenienti dalle popolazioni zulu che sono canti di violenza e di guerra, e che trovano spazio nella pièce. Un passaggio che richiede una forma di transizione artistica per i danzatori che hanno studiato e imparato gli stilemi della danza classica tanto da farne una professione e si ritrovano a doverli decostruire per ricostruirli in una forma differente in carattere con i passi delle danze africane. Il balletto, come ha raccontato la stessa Mamela Nyamza durante un’intervista avvenuta nel dopo spettacolo, era nato nel 2007 in forma di assolo nel quale lei stessa si esibiva avendo in scena anche il figlio Amkele Mandla, all’epoca un bambino, che disegnava mentre lei con i suoi movimenti di danza simbolizzava le difficoltà di rendere concilianti la vita privata con quella professionale di una donna di colore in Sudafrica. “Vengo dal mondo del balletto classico che non mi accetta come danzatrice nera”, così aveva dichiarato in un’intervista a Alex Phillips del 7 giugno 2016. Il balletto da performance solista è diventato poi corale e da lì il titolo “Hatched Ensemble”. Questo, pur mantenendo il significato politico che possiede, lo ha reso più spettacolare tanto da essere apprezzato in vari paesi del mondo. Arrivato finalmente in Italia, lo spettacolo, che era uno dei più attesi del Festival FOG 2025, ha riscosso un trionfale successo anche grazie alle travolgenti musiche dal vivo eseguite con svariati strumenti dal poliedrico polistrumentista Given “Azah” Mphago e ai canti del soprano Litho Nqai.
Segnalo la replica prevista per il giorno 1° aprile al Teatro Grande Di Bresca in sala Grande alle ore 20:00: Biglietteria Corso Zanardelli, 9 – 25121 Brescia – tel. 030 2979333 – fax. 030 2906575
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La Biglietteria è aperta al pubblico dal martedì al venerdì dalle ore 13.30 alle ore 19.00; il sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 19.00. Chiusura domenica, lunedì e festivi ad eccezione dei giorni di spettacolo.
Visto in Triennale Teatro il 29 marzo 2025
(Carlo Tomeo)
Mamela Nyamza: “Hatched Ensemble” ideazione, coreografia e regia: Mamela Nyamza – responsabile delle prove: Kirsty Ndawo – co-design dei costumi: Mamela Nyamza & Bhungane Mehlomakulu – cantante d’opera: Litho Nqai – polistrumentista tradizionale africano: Given “Azah” Mphago – danzatrici e danzatori: Kirsty Ndawo, Kearabetswe Mogotsi, Khaya Ndlovu, Thamsanqa Tshabalala, Dineo Mapoma, Itumeleng Chiloane, Amohelang Rooiland, Noluyanda Mqulwana, Zandile Constable, Pavishen Paideya, Thimna Sitokisi – coproduttori: National Arts Council of South Africa (NAC), Makhanda National Arts Festival of South Africa (NAF) – foto Tale Hendnes – durata: 70’ – prima italiana
