“Parallax” al Piccolo Teatro Strehler”, Milano – Recensione

È stato rappresentato al Piccolo Teatro Strehler lo spettacolo di grande attesa “Parallax” del regista ungherese Kornél Mundruczó prodotto dal Proton Theatre, reduce dai successi riscossi al Wiener Festwochen, che ha portato anche al prestigioso premio austriaco Nestroy, da vari altri teatri europei e soprattutto dal Festival d’Automne di Parigi. Lo spettacolo, diviso in tre parti che si susseguono senza intervallo, affronta, legandoli insieme, i temi identitari e i condizionamenti esercitati dalle convenzioni, tra l’ebraismo dell’Europa orientale e la comunità LGBT+, vittima in Ungheria di innumerevoli restrizioni. Nella vicenda sono a confronto tre generazioni: una donna anziana sopravvissuta all’Olocausto, sua figlia che desidera farsi riconoscere la propria identità ebraica che era stata tenuta nascosta e il nipote gay che invece non vi appare interessato.

La vicenda si svolge a Budapest. La scena è divisa in tre parti: al centro, coperta da un velino, c’è una parte della cucina e del tinello della casa di Eva (Lili Monori). L’ambiente e la donna sono ripresi da una videocamera in movimento azionata da un operatore. Le immagini sono riprodotte in pannelli scuri posti ai lati sinistra e destra del palcoscenico. Eva è una donna anziana, si prepara a fare colazione, è lenta nei movimenti e visibilmente confusa. Si guarda intorno, decide di prepararsi un tè, ne mette la confezione con il filtro in un bicchiere che inserisce nel forno a microonde senza aggiungervi acqua. Prende dal frigorifero la metà di un’arancia e si siede al tavolo davanti a un libro aperto. Arriva Lena (Emőke Kiss-Végh), sua figlia che vive in Germania. Tra le due donne c’è una breve discussione. Lena è venuta in Ungheria per partecipare alla cerimonia di conferimento di una medaglia d’onore a Eva quale vittima sopravvissuta all’Olocausto e nello stesso tempo desidera anche un documento in cui risulti essere di religione ebraica da utilizzare per ottenere l’iscrizione a scuola per il proprio figlio che vive con lei a Berlino. All’inizio tra le due donne c’è uno scontro, dove Eva si mostra reticente ad accontentare la figlia che insiste nello sfogliare i documenti conservati dalla madre per cercare la prova della loro identità ebraica. Ma Eva è riluttante e rimane ferma al suo pensiero di non ritirare la medaglia che le è stata destinata: “Una volta eravamo costretti a nasconderla perché ora invece dovremmo rivelarla?”. Poi tra le due donne le acque si calmano. Eva racconta alla figlia di quando era stata messa al mondo e del rapporto che non aveva potuto avere con la propria madre dalla quale era stata separata ancora bambina. I due pannelli laterali si spostano e la scena dell’appartamento è mostrata per intero. Eva si convince a seguire la figlia per ricevere la medaglia. Qui termina la prima parte della pièce con un sorprendente, strabiliante effetto che ne costituisce la parte più spettacolare e che non appare opportuno descrivere pena spoiler.

La seconda parte è ambientata qualche tempo dopo. Eva è morta. In scena è Jónás (Erik Major), il figlio di Lena, arrivato da Praga per assistere ai funerali della nonna. La funzione deve essere rimandata di qualche ora o di un giorno perché l’aereo con il quale deve arrivare sua madre proveniente da Berlino è in ritardo a causa di una tempesta. Telefona al rabbino per accordarsi in merito. Nel frattempo, mentre programma in chat un eventuale incontro, viene raggiunto da un gruppo di amici con i quali inizia un’orgia.

La terza parte vede l’arrivo di Lena da Berlino e il suo incontro con il figlio che non è interessato a mantenere viva la propria identità ebraica, non vuole sentirne i condizionamenti perché i suoi interessi si spostano verso altre direzioni. Lo scontro generazionale si fa intenso, la soluzione, se c’è, è da interpretare.

Se il tema dell’Olocausto è l’argomento che viene affrontato in tutta la prima parte attraverso il racconto dolente di Eva, quello delle problematiche relative alla comunità LGBTQ+ in un paese come l’Ungheria sono trattate nella seconda parte durante la discussione che si apre fra Jónás e i suoi amici, ciascuno dei quali si fa parte narrante delle proprie esperienze personali vissute in ombra o alla luce del sole, come quello che vive liberamente la propria omosessualità e quello sposato che dichiara di amare sua moglie anche se sente il bisogno di concedersi esperienze con uomini. Punti di vista. Quegli stessi punti di vista che trovano riferimento anche al titolo dello spettacolo “Parallax”, un termine che descrive il cambiamento apparente della posizione di un oggetto, se osservato da diverse angolazioni: “Il punto di partenza del mio ‘Parallax’ è l’esperienza della Shoah negli anni ’40”, dichiara Mundruczó, “ma la storia si sposta nella prospettiva di una madre dei giorni nostri e di suo figlio, che rappresenta il futuro. Per il giovane affermare la propria identità gay è più urgente che affermare quella ebraica. Vive a Berlino e torna a Budapest, dove incontra altri giovani gay. Ma anche loro hanno altre prospettive sull’identità queer, a causa del contesto socio-culturale. La prospettiva, come posizione politica, linguistica e culturale da cui si parte, contribuisce a creare identità estremamente distinte all’interno dello stesso Paese o della stessa famiglia”.

Lo spettacolo di largo respiro si distingue per i due pregi essenziali costituiti dalla profondità del tema trattato il cui testo è dovuto alla penna di Kata Wéber e che Kornél Mundruczó ha trattato con grande inventiva facendo risaltare in particolare la recitazione della brava Lili Monori grazie all’utilizzo dei primi piani resi possibili con l’utilizzo della videocamera in presenza. Geniale il finale di enorme effetto della prima parte. Ottimi gli apporti dei suoni, delle musiche e delle luci (in calce i crediti). Il pubblico ha applaudito a lungo e non sono mancate le ovazioni.

Visto il giorno 15 marzo 2025

(Carlo Tomeo)

Piccolo Teatro Strehler dal 13 al 15 marzo

PARALLAX di Kornél Mundruczó

testo scritto da Kata Wéber, comprendendo anche le improvvisazioni della compagnia 
regia Kornél Mundruczó 
con Lili Monori, Emőke Kiss-VéghErik MajorRoland RábaSándor ZsótérCsaba MolnárSoma Boronkay 
scene Monika Pormale 
costumi Melinda Domán 
luci András Éltető 
collaborazione artistica e producer Dóra Büki 
dramaturg Soma Boronkay, Stefanie Carp 
musica Asher Goldschmidt 
coreografia Csaba Molnár 
produzione Proton Theatre in coproduzione con Wiener Festwochen | Freie Republik WienOdéon-Théâtre de l’EuropeComédie de GenèvePiccolo Teatro di Milano – Teatro d’EuropaHAU Hebbel am UferAthens Epidaurus FestivalFestival d’Automne à ParisMaillon Théâtre de Strasbourg – Scène européenne, International Summer Festival Kampnagel – HamburgCNDO Orléans, La Bâtie – Festival de Genève  con il supporto di Gábor Bojár e dott.ssa Zsuzsanna Zanker220voltSzámlázz.huMinorities Talents & Casting, Danubius Hotels

© Nurith Wagner-Strauss

Spettacolo in lingua ungherese con sovratitoli in italiano e in inglese 

Categorie RECENSIONI

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