
Quell’urlo finale che ti blocca il respiro. È quello lanciato dalle quattro anime lacerate dal tormento e in quel modo ne descrive l’intensità che sembra non avere soluzione mentre il sipario si chiude sui loro volti trasfigurati dal dolore. É così che si conclude “Sarabanda” la commedia che Roberto Andò ha tratto dall’omonimo film che Ingmar Bergman realizzò nel 2003, una pellicola che il regista svedese desiderava fortemente quasi volesse dare una conclusione più pregnante alla storia di Marianne e Johan, i protagonisti di “Scene da un matrimonio” e risalente al 1973. Ai due principali personaggi si aggiungono Henrik, figlio di seconde nozze di Johan, e sua figlia Karin, violoncellista. I quattro vengono inquadrati in un lasso di tempo nell’abitazione di campagna di Johan e in una dependance della stessa che l’uomo ha concesso al figlio che sta vivendo un momento difficile dopo la morte della moglie Anne. Henrik, che è legato morbosamente alla figlia con la quale (in Bergman) si presume abbia un rapporto incestuoso, reso più palese (in Andò) in una scena che li vede coinvolti a letto, non è amato dal padre che invece è affezionato alla nipote Karin. Marianne è lì perché, dopo 32 anni che non vedeva il marito, ha sentito il bisogno di fargli una visita che all’inizio si dichiarava breve ma che poi si prolungherà. “Perché sei venuta?” chiede Johan a Marianne e lei gli risponde “Perché sentivo che mi chiamavi”. Inizia qui la vicenda che si svolge in diversi ambienti e vede i quattro personaggi coinvolti in una serie di colloqui a due che si fanno accesi e dolorosi quando iniziano a disvelarsi segreti o fatti malamente sottaciuti. C’è il mal di vivere di Johan e c’è la sofferenza di Henrik che cerca invano di convincere la figlia a esibirsi in un concerto da solista mentre lei non se ne sente in grado e, desiderando di far parte di una grande orchestra, ha deciso di accettare la proposta di frequentare un corso di tre anni per il quale dovrà trasferirsi in un’altra città.
A fare da leitmotiv alla vicenda è la Sarabanda, terzo movimento della Suite in Si minore n. 2 di Johan Sebastian Bach che dà il titolo alla pièce. Ma da sarabanda, intesa come la danza spagnola, sono le relazioni umane che intercorrono tra i quattro personaggi accendendo i loro animi al rimpianto ma anche al risentimento man mano che il nascosto viene alla luce, come accade nel momento in cui Karin sottrae una lettera scritta dalla madre al marito prima di morire e ne legge lo sconvolgente contenuto. Ferite mai rimarginate, fantasmi del passato che si affacciano prepotenti sul presente reclamando una considerazione loro negata perché scomoda con cui però è necessario fare i conti. Ma fino a che punto è possibile farlo e con quali costi? E soprattutto se ne ha la forza se si è “analfabeta di sentimenti” o “emozionalmente handicappati”? Solo Marianne sembra essere pacificata e manifesta una calma al punto che Johan in un momento d’ira l’apostrofa con un “Dì qualcosa di impulsivo”.

A interpretare personaggi così complessi sono chiamati in causa quattro attori straordinari di enorme capacità espressive. Renato Carpentieri tratteggia con intensa professionalità la figura di Johan mentre vive con peso una vecchiaia che lo costringe a guardare a un triste e tristo futuro. Verrà svegliato una notte da un’angoscia che è come una “diarrea totale che esce da tutti i buchi” e nella sua fragilità anche fisica chiederà aiuto a Marianne che lo accoglierà in un abbraccio salvifico. L’eccellente Elia Schilton sa rendere con padronanza la personalità complessa, non amato dal padre e tormentato dalla morte della moglie, mentre vive una passione proibita che lo condurrà all’autodistruzione. Pregevole l’interpretazione della talentuosa Alvia Reale, che è una misurata Marianne, figura razionale pronta a correre in soccorso e a dare consigli sia a Johan che a Karin nel momento in cui andranno a chiedere aiuto. Abilità interpretativa da riconoscere anche a Caterina Tieghi nelle vesti di Karin, l’unico personaggio che farà una scelta consapevole che la sottrarrà a un legame malato e darà realizzazione al suo sogno professionale.

Il testo di Bergman nella traduzione di Renato Zatti è stato utilizzato con lodevole originalità da un Roberto Andò in stato di grazia che ha saputo unire le due forme di spettacolo a lui più congeniali e nelle quali eccelle: teatro e cinema o, se si preferisce, cinema e teatro (l’ordine di priorità ha solo un mero valore accademico). Per questo sono da menzionare in primis la scenografia e il disegno luci, l’una assolutamente, e mai come in quest’occasione, dipendente dall’altro, entrambi dovuti alla mano felice di Gianni Carluccio. L’utilizzo di neri pannelli mobili azionati sia in senso verticale che in quello orizzontale hanno quasi la funzione di mascherine che isolano i soggetti e le scene inquadrate, arrivando anche a creare dei primi piani, come accade proprio nella prima azione quando appare il volto di Marianne che dichiara la sua volontà di andare a trovare Johan. I tagli di luce opportunamente diretti danno risalto ai volti e ai corpi dei personaggi riprendendoli sotto diverse angolazioni e sfumature facendoli emergere dal buio che è a sua volta metafora del loro malessere e della loro vita interiore. Soluzione affascinante che per paradosso dona vivacità espressiva a una storia drammatica tutt’altro che vivace.
La commedia è stata accolta molto favorevolmente da un pubblico commosso (ne ho colto diversi commenti dagli spettatori che defluivano dal teatro). Copiosi gli applausi dei quattro protagonisti con diverse chiamate in proscenio. Uniche repliche questa sera alle ore 19,30 e domani alle ore 16,00. Lo consiglio.
Vista il giorno 20 febbraio 2024
(Carlo Tomeo)
(Trailer – Video Teatro di Napoli)
Sarabanda di Ingmar Bergman – traduzione Renato Zatti – regia Roberto Andò
con Renato Carpentieri, Alvia Reale, Elia Schilton, Caterina Tieghi
scene e luci Gianni Carluccio, costumi Daniela Cernigliaro
musiche Pasquale Scialò, suono Hubert Westkemper
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Biondo Palermo in accordo con Arcadia & Ricono Ltd, per gentile concessione di Joseph Weinberger Limited, Londra, per conto della Ingmar Bergman Foundation – foto Lia Pasqualino
Piccolo Teatro Strehler (Largo Greppi – M2 Lanza), dal 18 al 23 febbraio 2025
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo. – Durata: 95 minuti senza intervallo – Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro – Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org
