“L’avaro” al Teatro Manzoni – Recensione

Un Arpagone che veste abiti contemporanei e usa il linguaggio creato da Molière ma lo parla in una lingua dei nostri anni, una lingua che copre un periodo temporalmente vario che è quella della traduzione (e adattamento) di Letizia Russo per la commedia che Luigi Saravo ha messo in scena con la sua regia, occorre dirlo, particolare. Una lingua attuale che non tradisce quella originale perché ne mantiene lo spirito mentre si fa interprete di una scenografia inconsueta alla quale non sono estranei i costumi decisamente dei nostri anni, oscillanti tra gli anni ’70 del secolo scorso e i nostri del ventunesimo secolo (né mancano elementi del nostro quotidiano come i cellulari usati per fare i selfie). Se la commedia di Molière affronta il tema dell’avarizia, vizio esecrabile che abbruttisce l’uomo, il tema portato avanti nella rappresentazione di Saravo, è principalmente quello che riguarda più specificamente il denaro inteso come oggetto da accumulare per conservarlo in contrasto con quello dilapidato, proprio di una società consumistica. E così, a fronte di un Arpagone (Ugo Dighero) che per risparmiare denaro indossa veste mediamente dimessi, appaiono in scena i suoi figli e gli altri personaggi in abiti che diventano sempre più sontuosi man mano che procede l’azione. La stessa faccendiera Frosina si mostra con attillati pantaloni leopardati non propriamente adatti a quelli che il suo ruolo richiede. A sottolineare il concetto sono le scritte luminose che in due momenti sono proiettate sul fondale e riportanti termini usati nei finanziamenti, quali tag, taeg, spread, interessi, e che arricchiscono il testo di due canti polifonici cantati dal coro di bambini di Genova.

L’Arpagone di Saravo si muove in una scena unica dalle pareti coloratissime quasi abbaglianti grazie alle luci disegnate da Aldo Mantovani. Alte teche di vetro mobili contengono disparati oggetti (un grammofono a tromba di stile classico, una bicicletta, diverse grucce con abiti di fogge diverse) che evidenziano il desiderio di conservazione e nello stesso tempo raggruppano epoche diverse a sottolineare l’universalità del tema trattato. Il fondale è costituito da una porta finestra e, per tutta la sua lunghezza, da un velino che, nel momento in cui viene illuminato, mostra la parte esterna dell’abitazione che vede in primo piano la struttura di un pozzo e un giardino su cui è mostrato un muro di mattoni simbolo di chiusura a ogni sollecitazione esterna e circondato da piante. É in quel pozzo che Arpagone conserva in segreto la cassetta del suo tesoro di 10.000 scudi e che ogni tanto va a visitare con lo sguardo e le parole di un innamorato.

All’apertura di sipario il suono della canzone “Smooth Sailing” dei Queens of The Stone Age, che immerge subito nei nostri anni (la canzone risale al 2014), sottolinea gli approcci amorosi di Elisa, figlia di Arpagone, e di Valerio, un nobile che per avvicinarla si è fatto assumere come servo. I due temono che il loro amore segreto non possa essere accettato da Arpagone e chiedono a Cleante, fratello di Elisa, di intercedere per loro. Anche Cleante sta vivendo una storia d’amore simile con Marianna, una ragazza di scarse condizioni economiche conosciuta da poco e che vorrebbe sposare, ma per il fatto che sia povera teme che non sarà ben accolta da suo padre. I due fratelli si accordano per cercare di convincere il genitore ad accettare le loro situazioni sentimentali. La cosa però si complica quando Arpagone manifesta la sua decisione di sposare proprio Marianna. Da questo momento nasce la parte più vivace della commedia che si protrarrà fino al momento del furto della cassetta del denaro di Arpagone e la disperazione del derubato che ne seguirà. Com’è noto Il colpo di scena conclusivo, paragonabile al finale di un vero e proprio feuilleton, e non a caso Arpagone aveva accusato Valerio nella di lui confessione di essere uno scrittore di romanzi rosa, risolverà felicemente la vicenda dove tutti i presenti danzeranno freneticamente e allegramente sulle note della canzone “Money” (scelta, visto l’argomento, non casuale) appartenente al repertorio dei Pink Floyd e qui proposta nell’ottimo arrangiamento di Paolo Silvestri, autore anche di tutte le musiche originali.

Ugo Dighero è un Arpagone strepitoso nell’esprimere con esemplare talento la psicologia del suo personaggio riuscendo anche a conquistarsi (meritatamente) un forte applauso a scena aperta a conclusione del celebre monologo del secondo atto quando si dispera per la scomparsa della cassetta contenente il denaro. Lodevole per questa scena la scelta del regista di farlo apparire metaforicamente una figura animalesca che perde ogni freno inibitorio mentre raggiunge a quattro zampe le quinte. Eccellente anche la prova di Mariangela Torres nel doppio ruolo della faccendiera Frosina e del servo Saetta che dimostra pienamente la sua bravura di attrice “promiscua” caratterizzazione richiesta sovente in personaggi di opere di Molière (mi è capitato proprio recentemente di vedere il doppio ruolo coperto da un’unica attrice in un’altra rappresentazione proprio de “L’avaro”). Accanto a loro una Compagnia composta da altri nove bravissimi attori, due dei quali in doppi ruoli (nelle note sono elencati tutti, insieme ai personaggi interpretati). Tra loro è presente anche il regista Luigi Saravo che si è ritagliato un breve spazio nel ruolo del Commissario, senza mai abbandonare però la sua funzione che appare visibile anche nell’attenzione mostrata quando è presente in scena nelle vesti del personaggio interpretato.

La divertente commedia ha riscosso un bel successo con ripetuti e calorosi applausi. Repliche fino al 2 marzo. In calce all’articolo le INFO con i crediti e le modalità di acquisto biglietti.

Vista il giorno 19 febbraio 2025

(Carlo Tomeo)

L’AVARO di Molière – regia Luigi Saravo – traduzione e adattamento Letizia Russo – interpreti Ugo Dighero (Arpagone), Mariangeles Torres (Frosina, faccendiera / Saetta, servo di Cleante), Fabio Barone (Valerio, amante di Elisa e figlio di Anselmo), Stefano Dilauro (Cleante, figlio di Arpagone e amante di Marianna), Cristian Giammarini, (Anselmo, padre di Valerio e di Marianna / Mastro Simon), Paolo Li Volsi (Mastro Giacomo), Carolina Leporatti (Elisa, figlia di Arpagone e amante di Valerio), Rebecca Redaelli (Marianna, amante di Cleante e figlia di Anselmo), Luigi Saravo (Commissario) – musiche Paolo Silvestri – costumi Lorenzo Russo Rainaldi – scene Luigi SaravoLorenzo Russo Rainaldi – movimenti coreografici Claudia Monti – luci Aldo Mantovani – produzione Teatro Nazionale di Genova, a.Artisti Associati Centro di produzione teatrale, Teatro Stabile di Bolzano, Centro Teatrale Bresciano – © Federico Pitto

TEATRO MANZONI MILANO: Dal 18 febbraio al 2 marzo 2025 (feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30) – sabato 1 marzo ore 15,30 e 20,45

BIGLIETTI Prestige € 37,00 – Poltronissima € 34,00 – Poltrona € 26,00 – Poltronissima under 26 anni € 18,00 – Per acquisto:
biglietteria del Teatro
online https://www.teatromanzoni.it/acquista-online/?event=3535553
telefonicamente 027636901

Categorie RECENSIONI

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