“Amadeus” Al Teatro Elfo Puccini, sala Shakespeare – Recensione

Superba è questa messa in scena di uno degli spettacoli di punta dell’attuale stagione del Teatro Elfo Puccini: ne sono artefici Ferdinando Bruni, anche presente nella pièce, e Francesco Frongia ai quali va il merito, mi si consenta il termine, di aver sedotto il pubblico che ha letteralmente riempito la sala Shakespeare il 21 gennaio, giorno della prima nazionale dell’atteso Amadeus del quale si parlava da diverse settimane, grande era l’attesa dell’evento che, occorre puntualizzarlo subito, non ha tradito le aspettative. Il testo è quello famoso di Peter Shaffer scritto nel 1979 che ha fatto il giro del mondo, Italia compresa, e che si avvalse anche della versione cinematografica di Milos Forman del 1984 la cui sceneggiatura fu scritta dallo stesso Shaffer il quale si guadagnò uno degli otto Oscar vinti dalla pellicola. La traduzione del testo è di Ferdinando Bruni che interpreta il ruolo principale di Salieri, maestro di cappella alla corte imperiale asburgica di Vienna. É lui il protagonista visto alle prese con Mozart fatto arrivare a corte dall’Imperatore Giuseppe II incuriosito dalla fama di bambino prodigio che il giovane compositore si stava conquistando.

Salieri (Ferdinando Bruni) appare in scena malato, su una poltrona voltante le spalle al pubblico, non indossa la parrucca di rappresentanza della gente di corte del ‘700. Ad aiutarlo a mettersi in piedi si adoperano due ammiccanti e pettegoli “venticelli” (Riccardo Buffonini e Alessandro Lussiana) che l’aiutano anche a indossare un largo mantello. É con quel costume che inizia a raccontare al pubblico (e a riviverla) la vicenda che all’arrivo del giovane Mozart lo tormentò per tutta la vita. Confessa del patto che aveva fatto con Dio promettendo di condurre una vita di costumi morigerati per ricevere in cambio il dono di diventare un eccelso compositore degno di gran fama. Poi a intromettersi fino a rendere sterile quel patto intervenne Mozart dagli atteggiamenti volgari e dai comportamenti lascivi e tuttavia autore di una musica angelica che solo Dio avrebbe potuto donargli. Salieri ora inizia a provare il morso dell’odio che rivolge contro lo stesso Dio da cui si sente tradito per aver privilegiato invece un uomo indegno. Da qual momento sarà suo compito quello di distruggere la figura del rivale mettendo in azione tutta una serie di manovre che lo ridurranno alla fine in miseria e lo porteranno alla morte. E sarà lui stesso a dichiararsi autore di quella morte. Questa tesi, non suffragata da alcuna prova, pare sia dovuta al fatto che Salieri, non potendosi guadagnare una fama di grande compositore nei secoli a venire, si sarebbe accusato di aver provocato la morte di Mozart in modo da essere ricordato perennemente sia pure in modo negativo. Com’è noto la leggenda fu diffusa anche dal libretto di Puskin dell’opera di Rimskij-Korsakov “Mozart e Salieri” del 1898 alla quale ha attinto Shaffer. Ed è appena il caso di sottolineare che su questa leggenda sta in piedi tutta l’impalcatura drammatica della pièce.

Se Salieri appare in scena sempre in una postura impeccabile secondo le convenienze di corte, Mozart (Daniele Fedeli) irrompe in modo goliardico mentre insegue una donzella che finge di sfuggirgli (e qui viene in mente proprio una scena del film di Forman) per poi proseguire con atteggiamenti volgari e irriverenti anche facendo uso di di boccacce e di peti. Da una parte il contegnoso e ristagnante atteggiamento della gente di corte come la fredda Contessa von Strack (Ginestra Paladino) o il leccapiedi conte (Umberto Toracca) ossequiosi di fronte a un insipido Imperatore Giuseppe II (Umberto Petranca) che risolve ogni questione con la frase ricorrente “E anche questa è fatta”, dall’altra la passione terrena di Costance (Valeria Andreanò) manifestata senza remore fino al momento della disperazione quando assiste alla morte del marito. Su tutti sovrasta il barone Van Swieten (Matteo de Mojana) pronto a colpire duramente Mozart per le sue “trasgressioni” in special modo dopo che avrà assistito, su invito dell’insidioso Salieri, alla rappresentazione de “Il flauto magico” in cui vede una satira dei compagni di Massoneria.

Ferdinando Bruni nelle vesti di Salieri tocca uno dei punti più alti della sua luminosa carriera e, per raggiungere le parti più insidiose che si nascondono nella figura del personaggio, modula la voce per imprimere alla stessa le varie sfaccettature che la compongonoÉ carezzevole, mellifluo, quando, al cospetto del rivale, deve fingersi amico pronto a fargli del bene. É irruente, rabbioso nel momento in cui quella che credeva una fama ormai raggiunta si va man mano sgretolando a ogni tassello che Mozart aggiunge con le proprie opere che si susseguono. Non si capacita del fatto che “Mozart trasformi il banale in sublime mentre lui trasforma il sublime in banale”. E il gioire per il mancato successo de “Le nozze di figaro” gli serve a poco perché l’immensità di quella musica, comprensibile solo a lui che ne sa riconoscere la grandezza, è di scarsa consolazione. C’è il momento in cui adocchia il pubblico cercandone la complicità e il suo furbo ammiccare sa essere conquistatore perché la pena che ispira il suo dolore arriva quasi a giustificare l’azione omicida. “Io sono stato un uomo buono. E a cosa mi è servito? Nella fornace dell’arte la bontà non conta niente.” E, d’altra parte, il pentimento che lo tormenta per trentadue anni pare già una punizione lunga abbastanza come sconto-pena.

Bruni non recita solo con la voce e con la gestualità del corpo ma anche con l’espressione visiva che si va adattando a ogni parola, a ogni frase che va pronunciando o urlando e questa notevole espressività viene colta soprattutto dagli spettatori assisi nella prima metà della sala. Sarebbe interessante che una videocamera riprendesse il volto dell’attore per proiettarne le immagini in un grande schermo posizionato nella parte alta del palcoscenico.

Daniele Fedeli, già ammirato circa sei anni fa in “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, nel ruolo di Mozart dimostra di essere in grado di sostenere con uguale bravura ruoli dai temperamenti diversi (in questo caso anche del tutto opposti): sa muoversi con agilità entrando in profondità nella psicologia del personaggio sia nella parte iniziale quando fa lo sbruffone sia in quella finale nel momento in cui si sentirà vacillare di fronte al dramma che gli si presenta davanti. Accanto a lui tutto il cast è di prim’ordine e contribuisce alla riuscita dello spettacolo che sa essere avvincente.

Tutta questa ottima prova recitativa, ben calibrata in ogni particolare, è immersa nella scenario realizzato da Marina Conti, Giancarlo Centola e Tommaso Serra e formata da pannelli alti fino al soffitto e da pochi elementi, perlopiù mobili (poltrona, sedie, pianoforte) spostati con discrezione. A illuminare il tutto i preziosi tagli di luce di Michele Ceglia. D’effetto le proiezioni suggestive che non sono dirette solo sul fondale ma investono interamente tutta l’area del palcoscenico in una funzione immersiva che conferisce un effetto cinemascope. I preziosi, sontuosi costumi disegnati da Antonio Marras che riportano con attenta dovizia di particolari a quelli della corte asburgica della seconda metà del ‘700 arricchiscono la messa in scena.

Lo spettacolo è stato accolto con numerosi, ripetuti applausi con ovazioni speciali a favore di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia chiamato sul palcoscenico a raccogliere le manifestazioni di meritata ammirazione. Repliche previste fino al 2 marzo. Consiglio di vederlo.

In calce le INFO con l’indicazione dei crediti e le modalità di acquisto biglietti.

Visto il giorno 21 gennaio 2025

(Carlo Tomeo)

Amadeus” di Peter Shaffer
uno spettacolo di Ferdinando Bruni Francesco Frongia
traduzione Ferdinando Bruni
con Ferdinando Bruni, Daniele Fedeli, Valeria Andreanò, Riccardo Buffonini, Matteo de Mojana, Alessandro LussianaGinestra Paladino, Umberto PetrancaLuca Toracca
luci Michele Ceglia
suono Gianfranco Turco
costumi Antonio Marras
assistente ai costumi Elena Rossi
realizzazione costumi Elena Rossi, Alessia Lattanzio, Monica Fedora Colombo, Grazia Ieva
realizzazione scene Marina Conti, Giancarlo CentolaTommaso Serra
produzione Teatro dell’Elfo

Foto di Laila Pozzo

Teatro Elfo Puccini, sala Shakespeare, corso Buenos Aires 33, Milano

Orari: mart., merc., giov. e sab ore 20.30 | ven. ore 19.30 | dom ore 16 – Prezzi: intero € 38/34 | <25 anni € 15 | >65 anni € 20 | online da € 16,50 – Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021

Categorie RECENSIONI

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