Mino Manni in “L’urlo di Dostoevskij” al Teatro Wagner – Recensione

Mino Manni appare poco sui palcoscenici milanesi e questi ultimi gli concedono scarso spazio ma quando uno di questi palcoscenici gli permette di calcare la scena è lo spettatore che ne ricava prezioso nutrimento per il proprio spirito. È accaduto ieri sera al piccolo Teatro Wagner, piccolo solo per la sua non enorme struttura ma grande perché nella sua programmazione si permette di operare scelte non convenzionali e sicuramente degne di plauso. Manni ha portato in scena uno scrittore classico che lui ama visceralmente (è questo il termine che ha utilizzato nel presentarlo Giovanna Belloni, direttrice del teatro): Fëdor Dostoevskij in un reading che ne racconta la vita attraverso le sue opere e attraverso le lettere che scrisse in particolare al fratello Michail. Ma il termine reading è riduttivo per uno spettacolo che lo vede non semplice lettore-narratore ma anche interprete quando assume i ruoli dei personaggi eroi delle opere più celebri dello scrittore. In questo segue la cronologia della vita di Dostoevskij anche se all’inizio si permette una deroga temporale introducendo uno dei discorsi più suggestivi che viene fatto da un personaggio de “I Demoni”, opera del 1871, successiva, quindi, a quelle più grandi e precedente solo alla più grande in assoluto qual è “I Fratelli Karamazov”: un discorso che afferma l’importanza della bellezza che si può trovare solo nell’arte e vengono citati a tal proposito Shakespeare e Raffaello le opere dei quali valgono molto di più delle cose materiali fino ad affermare che è possibile vivere senza pane ma non senza la bellezza. È, questa, una presentazione vocale efficace per descrivere l’humus che farà da leitmotiv per tutto lo spettacolo che alla fine avrà per suggello l’Inno alla gioia di Beethoven che si ascolterà alla fine. Ma prima di arrivare a quell’inno bisogna attraversare la narrazione della vita tormentata che lo scrittore ebbe e che Manni ci fa rivivere. Inizia dalla nascita, che lo vide orfano della madre all’età di sedici anni e due anni dopo anche del padre. Ma fino a quale età una persona continuerà a sentirsi orfana? Secondo Paolo Nori, profondo conoscitore di Dostoevskij di cui ha scritto un’approfondita e singolare biografia, la durata di quello stato non si può definire. E qui si potrebbe aprire un discorso sulla psicologia dell’animo russo, e forse non solo, ma non è questa la sede adatta.

Sono tanti i personaggi che interpreta Manni, protagonisti delle opere che vengono citate, quando non è anche quella dello stesso Dostoevskij. La sua voce assume tonalità diverse a seconda del carattere di quei personaggi e la ricca duttilità dell’emissione vocale gli permette di trovarsi a proprio agio nelle più disparate situazioni, qualità, queste, proprie dell’interprete di spessore qual egli è: sa essere malinconico quando indossa i panni de Lo Sconosciuto de “Le notti bianche” mentre legge, desolato, la lettera di addio che gli scrive Nasten’ka oppure è sanguigno e irruente quando descrive il delitto di Raskòl’nikov o, ancora, è dolce e trasognato quando dà voce al principe Myškin de “L’idiota”.

Ad accompagnare l’attore c’è il suono del violoncello affidato alla brava e duttile Maria Chiara Casali che affronta un repertorio di grandi compositori tra quali c’è Bach in prima linea e poi Beethoven che arricchisce proprio il finale con il suo “Inno alla gioia”, a gloria della bellezza cui Manni non si stanca di inneggiare. Sullo schermo sono proiettate le immagini di diversi capolavori dell’arte pittorica di varie epoche scelte più per il soggetto che per le epoche storiche alle quali appartengono. E infatti, a proposito de “Le notti bianche” c’è una notte stellata di Van Gogh, quando è affrontato il discorso su “Il Giocatore” è mostrato “Il baro” di Caravaggio e per “L’Idiota” il volto de “Il corpo del Cristo morto” di Hans Holbein il Giovane (Questa immagine è molto ricorrente nelle rappresentazioni iconografiche del romanzo ed era stata presa anche nella sigla iniziale di un teleromanzo d’inizio anni ’60 che aveva per protagonista Giorgio Albertazzi)

Lo spettacolo è stato accolto con grande favore dal pubblico presente che ha chiesto anche un bis che Manni ha generosamente concesso. Peccato solo che non sia prevista una replica. Io ne segnalo comunque l’opportunità.

Visto il giorno 20 gennaio 2025

(Carlo Tomeo)

Categorie RECENSIONI

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