“Tartufo” al Teatro Fontana – Recensione

A quasi quattrocento anni dalla sua prima rappresentazione il Tartufo di Molière mantiene la sua attualità e la sua denuncia di una società in cui incombe l’ipocrisia. Lo dimostra Michele Sinisi che in questi giorni ne sta rappresentando in prima nazionale al Teatro Fontana una propria rielaborazione drammaturgica prodotta da Elsinor Centro di Produzione Teatrale. Attualità dimostrata esteticamente dalla scena ingombra di svariati oggetti di uso odierno, dai costumi di oggi indossati dai personaggi, da alcuni termini volgari propri del parlare comune dei nostri tempi.

Si ricorda per grosse linee la vicenda che si svolge in casa del ricco proprietario Orgone che ospita Tartufo, un uomo conosciuto in chiesa, ammirato per la di lui prospettata onestà e religiosità. I famigliari, costituiti dalla moglie Elmira, dalla figlia Mariana, promessa sposa a Valerio, e dal figlio Damide, non apprezzano la scelta del capofamiglia intuendo che Tartufo sia un impostore. Quando Orgone decide di dargli in moglie la propria figlia, annullando il fidanzamento che la ragazza aveva con Valerio, e gli intesta tutte le sue proprietà, la famiglia ordisce un piano per smascherare la vera natura di Tartufo che avrà il suo effetto dopo una serie di manovre in cui l’uomo, fintamente irretito da Elmira, cercherà di possederla. A quel punto Orgone, che era nascosto sotto un tavolo, aveva udito tutta la scena, interviene e scaccia di casa il malfattore, il quale, però, facendosi forza del fatto che era ormai diventato proprietario di tutti i beni che gli erano stati intestati, sarà lui a scacciare di casa l’intera famiglia. Alla fine sarà l’intervento del re, attraverso le forze dell’ordine, a fare giustizia.

In apertura tutti i famigliari di Orgone si mostrano indifferenti alle invettive rivolte loro da Madame Pernella la madre del capofamiglia che li accusa di lassismo e di mancanza della dovuta considerazione per Tartufo, che lei ritiene, al pari di suo figlio, virtuoso e dai costumi morigerati. È la prima conoscenza, indiretta, che il pubblico fa del personaggio che dà il titolo alla commedia e che Luigi XIV volle definire tragica per le critiche più o meno velate che il drammaturgo indirizzava alla società opportunista e ipocrita, avvolta in un falso perbenismo finalizzato alla soddisfazione del proprio egoismo, critiche che procurarono ostracismo e iniziali divieti di rappresentazione pubblica dell’opera.

Michele Sinisi nella sua rielaborazione drammaturgica sfoltisce i cinque atti della commedia riducendoli a uno unico che mantiene però le parti essenziali della vicenda sia per quanto riguarda il linguaggio sia per quanto attiene all’azione che è dinamica senza grosse pause che ne potrebbero appesantire l’andamento. E ricorre, strategicamente in più punti anche al simbolismo, come quello rappresentato dagli oggetti che ingombrano inizialmente la scena e che la cameriera Dorina, man mano che si procede nell’azione, va raccogliendo un po’ alla volta per infilarli in sacchi di iuta contenuti nella grossa cesta (elemento, questo, importante alla dinamica della vicenda), quasi a voler evitare gli eventi nefasti che si prospettano e fare ordine nella mente di Orgone per quello che sta escogitando ai danni della propria figlia.

Curato è il tratteggio dei vari personaggi come quello di Dorina, presentata come la classica cameriera di buon senso non scevra di furbizia utilizzata per mettere a frutto espedienti atti a risolvere felicemente le questioni inerenti al benessere della casa, mentre quelli di Valerio e Damide appaiono come esilaranti macchiette. Il primo, fidanzato di Mariana, è raffigurato come un uomo che si autodefinisce terrone, si mostra collerico con l’amata che lo ha lasciato e si dichiara pronto a nuovi amori perché “un amore che mi abbandona mette la frusta all’orgoglio” (esilarante è l’intermezzo in cui esegue in playback la canzone “Pregherò” cantata dalla voce di Adriano Celentano). Altrettanto sopra le righe è Damide, appassionato della musica ascoltata ad alto volume, apparentemente poco intelligente ma pronto a farsi valere quando cerca di smascherare Tartufo per le sue cattive intenzioni. Più aderenti alla maniera classica di rappresentazione sono gli altri personaggi con Sinisi che si ritaglia il ruolo di Tartufo rendendolo magnificamente quando si presenta guardingo in scena al cospetto della moglie di Orgone della quale è innamorato, attento a non tradirsi nelle sue reali intenzioni prima di rivelare alla donna le sue vere intenzioni e, specialmente nel secondo incontro, si muove rasente al muro con la circospezione propria dell’uomo mellifluo nella sua furbizia. Paradossale il suo concetto di tradimento che è scandaloso solo se la società ne viene a conoscenza. E questo lo sa bene lui che si definisce “in contatto diretto con il cielo”.

Lo spaccato più aderente al significato politico della tragicommedia che punta il dito contro l’ipocrisia di una società, dove l’apparenza conta più della sostanza, è ravvisabile nella “tirata” retorica che il personaggio di Cleante, cognato di Orgone e padre di Valerio, recita al cospetto di Tartufo per convincerlo a rinunciare all’eredità: il primo finge di credere alla buona fede del suo interlocutore e ricorre a frasi certamente non sentite ma utili a fare breccia su quella che è la contrabbandata morale dell’altro, il secondo che si mantiene fermo nelle sue posizioni e, quando è messo alle strette, si allontana accampando l’impegno di doversi dedicare alle sue pratiche religiose. Ma non mancano qua e là altri momenti di denuncia che si possono cogliere anche nella gestualità aldilà della parole.

Nel finale, quasi a voler dismettere i panni odierni, si viene catapultati nel regno di Luigi XIV fatto di una maestosa, dorata scena avvolgente un corpo e mostrante un volto che esegue con voce sopranile un’aria del ‘600.

Spettacolo molto divertente che può presentare appena un po’ di sconcerto solo all’inizio quando all’alzata del sipario appaiono scenografia e costumi entrambi inconsuete ma è solo l’inizio perché proprio questo “ammodernamento” rende appassionante la rappresentazione e facilita la corrispondenza della vicenda ai nostri giorni.

La messa in scena si avvale di un gruppo di attori molto bravi e affiatati tra loro e appare bene accurata grazie alla scenografia, disegnata da Federico Biancalani, in cui prevalgono le tonalità del grigio che si evidenziano meglio man mano che si vanno eliminando gli oggetti fino a rendersi simbolo della piega drammatica che va assumendo l’azione. Biancalani e lo stesso Michele Sinisi hanno disegnato le fondamentali luci che sono ora molto accese, ora taglienti, fino a spegnersi di colpo seguendo l’andamento della vicenda.

Lo spettacolo molto applaudito resterà in scena fino al 19 gennaio. In calce le INFO con i crediti e le modalità per l’acquisto dei biglietti.

Visto il giorno 15 gennaio 2025

(Carlo Tomeo)

14-26 gennaio

TARTUFO dall’omonima commedia di Molière – rielaborazione drammaturgica Michele Sinisi – regia Michele Sinisi – scenografia Federico Biancalani – disegno luci Michele Sinisi, Federico Biancalani – costumi Cloe Tommasin – con Stefano Braschi, Gianni Daddario, Sara Drago, Marisa Grimaldo, Donato Paternoster, Bianca Ponzio, Marco Ripoldi, Michele Sinisi, Adele Tirante – aiuto regia Nicolò Valandro – produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale

19 gennaio al termine della rappresentazioneExtrapalco: Incontro post spettacolo con Michele Sinisi e Ivonne Capece

INFORMAZIONI

Data e orario Martedì – venerdì ore 20.30, sabato ore 19.30, domenica ore 16.00 –

Durata spettacolo 60 minuti

Prezzi Intero 25 € – Under30 15 € – Over 65 / Under 14 12 € – Giovedì sera 22 € – Convenzioni 20 € – Scuole di teatro 12 € – Prevendita e prenotazione 1 €

Info e prenotazioni +39 0269015733 biglietteria@teatrofontana.it – www.vivaticket.com

Categorie RECENSIONI

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