
Un “Sogno di una notte di mezza estate” shakespeariano, che nella traduzione di Riccardo Favaro aggiunge il sottotitolo “commento continuo” arricchendosi di nuovi stimoli e significati, è quello che Carmelo Rifici ha scelto come saggio conclusivo, e poi spettacolo, della compagnia di giovani attrici e attori da lui guidati e diplomatisi presso la Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo. Rifici vede nel testo un insieme di mescolanza di generi che vanno dalla pastorale alla tragedia, dal grottesco al surreale e questo, secondo lui, è l’ideale per una giovane compagnia di attori di misurarsi in tutti i generi musicali. Luogo della rappresentazione è il Piccolo Teatro Studio Melato allestito con elementi scenografici di Paolo Di Benedetto concepiti con sagace attenzione al senso che il regista ha inteso dare alla vicenda narrata cercando di farvi emergere nuove interpretazioni dei simboli ravvisati nel testo.
Tutto il parterre è ricoperto da terra a rappresentare la foresta, luogo deputato agli avvenimenti che si svolgono tra i quattro giovani fuggitivi umani e regno delle fate, degli elfi e dei loro sovrani Oberon e Titania. Com’è noto varie interpretazioni sono state date al significato recondito della foresta della commedia vista in alcuni casi come luogo di iniziazione dei giovani alla vita cittadina o luogo onirico dove è possibile realizzare desideri nascosti, o anche simbolo della sessualità e della libertà. In questo caso la foresta è vista come un territorio arido senza vegetazione non limitante e, per questo, zona dove sono realizzabili azioni le più diverse. Il colore stesso della terra richiama inoltre alla cupezza per come viene rappresentata la vicenda dove l’amore, tema centrale della vicenda, è chiamato “scorretto”. Sul davanti una piattaforma quadrata che si muove verticalmente a formare altri ambienti è delimitata da parapetti che la rendono una simbolica forma di ring atta al combattimento. Il fondale è costituito da specchi dove sono riflessi i personaggi e lo stesso pubblico che in questo modo diventa partecipe della rappresentazione al pari dei protagonisti della vicenda. Perché, come dirà in un momento chiave il padre di Demetrio, personaggio non previsto nel testo originale di Shakespeare, “attori e spettatori sono uguali”.

Il senso dell’amore non corretto viene spiegato da Filostrato, cerimoniere delle feste e degli spettacoli di corte, che apre la rappresentazione e da qui iniziano a prendere corpo le varie fasi dell’ intricata vicenda dove l’amore viene coniugato nelle sue varie manifestazioni. Ogni pensiero e ogni dialogo sembrano possedere un significato segreto spesso di non chiara comprensione o che comunque induce a una libera interpretazione, questo aldilà dell’espressione fisica che viene fornita attraverso un bacio sulla bocca scambiato tra persone dello stesso senso che spinge a pensare a un desiderio di natura omoerotica. Ma non solo, cosa pensare dell’amore provocato dal succo di una viola magica propinata ai dormienti che sconvolge desideri? Fino a che punto la volontà della vittima di quel succo viene del tutto annullata? Cosa può voler rappresentare in realtà quel succo? È tutto un sogno? Il sogno è un incubo angoscioso, griderà Titania, ma poi canterà con (simulata?) ironia “I sogni son desideri” e qui sta la chiave.
Aldilà di ogni interpretazione di stampo psicoanalitico, preme sottolineare l’altro aspetto di fondo che nella traduzione e rilettura in chiave drammaturgica contemporanea di Favaro è un elemento portante e rappresentato dal patriarcato esercitato da Teseo nei confronti della figlia Ermia che, in quanto figlia, dovrà obbedire alla volontà paterna sposando l’uomo a lei destinato, pena la morte o la chiusura in un luogo dove “non vedrebbe mai più una figura maschile”. Patriarcato esercitato nei confronti della regina delle amazzoni, Ippolita, conquistata con la volenza e ora obbligata a diventare sua sposa. A lei non rimane che dichiarare con dolore la sua nostalgia del nubilato, “in una commedia che” dirà ” mi concede poche battute”.

La cupa ambientazione lascia scarso spazio alle risate liberatorie: al linguaggio contemporaneo, in cui non manca neanche un espressivo “vaffa” urlato da Elena, si uniscono nella scena di fondo alcuni interpreti che si fanno latori di cartelli dove sono impressi caratteri alfabetici che formano le parole “mito” e “trauma” che, composte al contrario, si fanno portatori d’inquietudine (e viene spontaneo l’accostamento a uno dei più celebri film di Kubrick). L’allegria si presenta, tuttavia, con la presenza degli artigiani teatranti improvvisati che Filostrato definisce “dalle mani callose” tra i quali emerge l’artigiano Bottom che era stato trasformato in asino da uno dei due Puck (qui il personaggio è sdoppiato in due dalle anime differenti: uno pauroso e insicuro, l’altro dominante e incline allo scherzo). Li troviamo a metà spettacolo mentre cercano di provare il dramma di Piramo e Tisbi dalle “Metamorfosi” di Ovidio che poi rappresenteranno con non voluta comicità raccogliendo pessimi risultati alla corte di Teseo in occasione delle celebrazioni delle sue nozze con Ippolita.
Uno spettacolo scorrevole dove la drammatizzazione si esplica in un uso del linguaggio altisonante spesso con l’ausilio del microfono a braccio, in più punti urlato, e in una movimentazione dinamica dei corpi che si combattono ripetutamente, specialmente quelli dei quattro giovani amanti. Il forte accento sul tema del metateatro è reso evidente non solo con la scena della rappresentazione a corte degli artigiani/artisti (e questo è voluto da Shakespeare) ma anche dalla presenza dello specchio del fondale che annulla la distanza tra pubblico e attori (e questa è una scelta originale della regia). Il voluto fondo di ombrosità è mitigato dalla presenza degli elfi che accompagnano Titania con i loro canti. I medesimi canti che si ritrovano in diversi momenti scenici dove sono alcuni degli attori stessi a cantare e a suonare vari strumenti sulle pregevoli musiche originali composte da Federica Furlani e eseguite dal vivo. Fondamentale l’apporto luci di Manuel Frenda che esalta la scenografia di Paolo Di Benedetto. Molto ricchi i moderni costumi di Margherita Baldoni tutti confacenti al ruolo sociale dei personaggi che li indossano. I venticinque giovani attrici e attori in scena, alcuni davvero di bravura sorprendente, sono tutti degni della massima attenzione. Lode a Carmelo Rifici per aver saputo creare uno spettacolo così coinvolgente e meritevole di far parte degli annali gloriosi del Piccolo Teatro.
Ieri sera lo spettacolo è stato lungamente applaudito. Le ultime due repliche sono previste per questa sera alle ore 19,30 e per domani pomeriggio alle ore 16,00. In calce le INFO contenente i crediti e le modalità di acquisto biglietti. Ne consiglio la visione.
Visto il giorno 20 dicembre 2024
(Carlo Tomeo)
Sogno di una notte di mezza estate (commento continuo) – PRIMA ASSOLUTA
di William Shakespeare / Riccardo Favaro
regia Carmelo Rifici – scene Paolo Di Benedetto – costumi Margherita Baldoni – luci Manuel Frenda – cura del movimento Alessio Maria Romano – musiche Federica Furlani – assistente alla regia Ugo Fiore
con Giacomo Antonio Maria Albites Coen, Andrea Bezziccheri, Agnese Sofia Bonato, Clara Bortolotti, Stefano Carenza, Bianca Castanini, Simone Pietro Causa, Giada Francesca Ciabini, Miruna Cuc, Simona De Leo, Silvia Di Cesare, Daniele Di Pietro, Marco Divsic, Ion Donà, Ioana Miruna Drajneanu, Cecilia Fabris, Joshua Isaiah Maduro, Pasquale Montemurro, Sofia Amber Redway, Edoardo Sabato, Caterina Sanvi, Pietro Savoi, Simone Severini, Lorenzo Vio
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Durata: 220 minuti con intervallo
Piccolo Teatro Studio Melato (via Rivoli 6 – M2 Lanza), dal 29 novembre al 22 dicembre 2024
Orari: da martedì a venerdì, ore 19.30; domenica, ore 16.
Lunedì riposo; sabato 7 e domenica 8 dicembre riposo.
Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro
Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org
