“La vegetariana” al Teatro dell’Arte di Triennale Milano – Recensione

La storia di un male di vivere che nasce da ombre del passato e che induce a una metamorfosi inarrestabile senza possibilità di ritorno. È questo il tema dello spettacolo “La vegetariana” che Daria Deflorian e Francesca Marciano hanno adattato per la quasi totalità dal libro di Han Kang e che è stato presentato in prima milanese al Teatro dell’Arte il giorno 27 e con due repliche ieri e questa sera.

Uno scenario squallido, in penombra, con due aperture ai lati a rappresentare la porta di una cucina e quella di un bagno. È il luogo dove si svolge la vicenda e il grigio del suo aspetto riflette il carattere della coppia che lo abita. Lei è Yeong-hye (Monica Piseddu), una giovane “del tutto insignificante”, così definita dal marito (Gabriele Portoghese), uomo ordinario, senza qualità, che l’aveva sposata proprio perché le sue mancanze di attrattiva e il suo carattere tranquillo fino all’obbedienza non lo avrebbero messo in crisi. L’uomo ne parla in prima persona descrivendo quelle caratteristiche che finora non gli avevano creato problemi: ” La personalità passiva di quella donna in cui non intravedevo né freschezza né fascino e nemmeno una singolare raffinatezza, faceva perfettamente al caso mio”. Ma una notte fu svegliato nel sonno da un serie di rumori provenienti dalla cucina dove la donna stava svuotando il frigorifero buttando sul pavimento tutti i tipi di carne che poi chiudeva in sacchi di spazzatura da buttare via. Alla domanda dell’uomo sbalordito che le chiedeva il motivo di quanto stesse facendo la donna rispondeva, vaga, “ho fatto un sogno” senza articolare altro. Un sogno che la vedeva intrappolata in un groviglio di carni sanguinolenti dalle quali faticava a uscire.

Questo è il preambolo che spiega il momento in cui Yeong-hye aveva deciso di diventare vegetariana e da qui prende l’avvio della vicenda. Seguendo alla lettera il testo che è formato da tre capitoli, si assiste a tre parti rappresentate continuativamente sempre sulla stessa scena e a determinare i diversi luoghi delle azioni sono le scritte luminose proiettate sulla parte alta del fondale. A introdurre le tre parti sono i nomi di tre colori simbolici: il rosso del sangue, il blu della voglia mongolica che si trova sulla parte alta di una natica della protagonista, il verde del mondo vegetale. La protagonista seguirà questi percorsi passando lentamente dal rifiuto iniziale di mangiare carne, e quindi anche uova e latte con i derivati, fino a non voler nutrirsi del tutto per cercare di raggiungere lo stato vegetale che la porterà alla morte.

Nella prima parte, similmente al primo capitolo del libro di Han Kang, è il marito che racconta in prima persona le fasi in cui Yeong-hye aveva iniziato a non cibarsi di carne e in particolare ricorda l’episodio in cui durante un pranzo di famiglia con i genitori, il padre le aveva forzosamente introdotto in bocca un pezzo di maiale obbligandola a mangiarlo e lei, per divincolarsi dalla stretta e sputare il pezzo di carne, aveva afferrato un coltello per minacciare i presenti e si era ferita. Fu accompagnata al pronto soccorso da suo cognato (Paolo Musio) che nell’occasione sentì per la prima volta attrazione verso la donna. La seconda parte è raccontata in terza persona. A farlo è il cognato, uomo che vive alle spalle della moglie, In-hye, (Daria Deflorian) sorella di Yeong-hye, e che si occupa di pittura e di creazione di video, e in lui l’attrazione per Yeong-hye, che sta per divorziare, si è fatta pressante fino al punto di proporle di dipingere sul suo corpo immagini floreali per poi farne un video. La donna accetta. La cosa che più attrae l’uomo è la macchia mongolica presente sulla parte alta di una natica che in genere scompare dopo i cinque-sei anni di vita del bambino mentre in lei è ancora presente. Il video alla fine viene scoperto da In-hye che decide di separarsi dal marito. La terza parte vede il ricovero di Yeong-hye in ospedale dove la sorella l’ha ricoverata ma le insistenze e le cure per indurla a cibarsi risultano vane e lei si lascerà morire.

L’opera di costruzione per la messa in scena risulta affascinante per quello che è lo stile originale e personale dei lavori di Daria Deflorian, che, oltre alla parte puramente recitativa, si avvale, com’è noto, di strumenti audiovisivi che non sono di mero contorno ma si rivelano essenziali. Si pensi tra tutti alla soluzione che riguarda la scena del cognato che dipinge il corpo della protagonista ricorrendo all’uso di una funzionale LIM azionata dai due attori. Altro elemento di pregio è costituito dal modo in cui i personaggi passano dalla narrazione in prima persona a quella in terza diventando così voci narranti e questo è un punto di forza nel trattamento del romanzo per la scena. In tal senso Il caso più rimarchevole è quello del cognato della seconda parte. Se il bravo Gabriele Portoghese interpreta oltre al personaggio del marito anche altri di contorno, Paolo Musio e le due attrici recitano solo nelle parti loro assegnate: Monica Piseddu è quella che, pur essendo protagonista recita di meno con la voce ma la sua prestazione scenica è notevole, mentre Musio e Deflorian sono principalmente presenti rispettivamente nella seconda e terza parte. La regia eccellente è dovuta alla mano felice di Daria Deflorian. Lodevoli gli apporti del sound che contiene anche due brani musicali “Yesterday” in versione coreana e la Moonlight Sonata di Beethoven dovuti a Emanuele Pontecorvo, oltre ai costumi di Metella Raboni, il disegno luci di Giulia Pastore, e le scene di Daniele Spanò. L’aiuto regia è di Andrea Pizzalis, anche autore delle foto. L’insieme costituisce un’ottimo esempio di spettacolo totalizzante che unisce cinema e teatro e la sera della prima alla quale ho assistito ha riscosso grande successo. Ultima replica questa sera alle ore 19,30.

Visto il giorno 27 novembre 2024

(Carlo Tomeo)

“La vegetariana” – adattamento del testo: Daria Deflorian e Francesca Marciano – una cocreazione: Daria Deflorian, Paolo Musio, Monica Piseddu, Gabriele Portoghese – scene: Daniele Spanò – luci: Giulia Pastore – suono: Emanuele Pontecorvo – costumi: Metella Raboni – consulenza artistica nella realizzazione delle scene: Lisetta Buccellato – collaborazione al progetto: Attilio Scarpellini – direzione tecnica: Lorenzo Martinelli con Micol Giovanelli – stagista: Blu Silla – aiuto regia e foto: Andrea Pizzalis – regia: Daria Deflorian – per INDEX: Valentina BertolinoElena de PascaleFrancesco Di StefanoSilvia Parlani – una produzione: INDEX in coproduzione con: Emilia Romagna Teatro ERTTeatro NazionaleLa Fabbrica dell’AttoreTeatro Vascello – in correalizzazione con Romaeuropa FestivalTPE Teatro Piemonte EuropaTriennale Milano TeatroOdéon-Théâtre de l’EuropeFestival d’Automne à Paristhéâtre Garonnescène européenne Toulouse con la collaborazione di ATCL / Spazio RosselliniIstituto Culturale Coreano in Italia con il supporto di MiC Ministero della Cultura – copyright © Han Kang 2007 – copyright © Adelphi 2016

INFO

Prezzi 22 euro: intero (platea, balconata e galleria) – 16 euro: galleria visibilità limitata, balconata, visibilità limitata, ridotto under30/over65 – 11 euro: studenti, ridotto membership

Biglietteria Triennale Milano T. 02 72434239 | e-mail biglietteria@triennale.org

Categorie RECENSIONI

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