”Moro: I 55 giorni che cambiarono l’Italia” e “I sandali di Elisa Claps” al Teatro Menotti – comunicato stampa ufficiale del Teatro

Al Teatro Menotti sono in arrivo due spettacoli di Ulderico Pesce. Qui il comunicato stampa ufficiale:

12 e 13 novembre

MORO: I 55 GIORNI CHE CAMBIARONO L’ITALIA 

ULDERICO PESCE

Scritto da Ferdinando Imposimato e Ulderico Pesce
Interventi in video del giudice Ferdinando Imposimato 
interpretato e diretto da Ulderico Pesce 

Produzione Centro Mediterraneo Delle Arti

“Non l’hanno ucciso solo le Brigate Rosse, Moro e i ragazzi della scorta furono uccisi anche dallo Stato.”    

Questa frase è il fulcro dell’azione scenica ed è documentata dalle indagini del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, che nello spettacolo in scena al Menotto il 12 e 13 novembre compare in video interagendo con il protagonista e rivelando verità terribili che sono rimaste nascoste per quarant’anni. Il titolo dello spettacolo è “moro” con la “m” minuscola a voler sottolineare che nel cognome del grande statista c’è la radice del verbo “morire”. Come se la “morte” di Aldo Moro fosse stata “scritta”, fosse cioè necessaria per bloccare il dialogo con i socialcomunisti assecondando i desideri dei conservatori statunitensi e dei grandi petrolieri americani in Italia rappresentati da Giulio Andreotti e Francesco Cossiga che, dopo la morte di Moro, ebbero una folgorante carriera e condannarono l’Italia alla “sudditanza” agli USA.   Moro sente che uomini di primo piano del suo stesso partito “assecondano” la sua morte trincerati dietro “la ragion di Stato” e lo scrive in una delle ultime lettere che fanno da leit motive dello spettacolo: “Il mio sangue ricadrà su di voi, sul partito, sul Paese. Chiedo che ai miei funerali non partecipino né Autorità dello Stato, né uomini di partito. Chiedo di essere seguito dai pochi che mi hanno voluto veramente bene e sono degni di accompagnarmi con la loro preghiera e con il loro amore”. 

IL RACCONTO SCENICO 

Il racconto scenico parte dai fatti del 16 marzo 1978 quando fu rapito Aldo Moro e furono uccisi gli uomini della scorta: Raffaele Iozzino, Francesco Zizzi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Oreste Leonardi. Raffaele Iozzino, unico membro della scorta che prima di morire riuscì a sparare due colpi di pistola contro i terroristi, era di Casola di Napoli e proveniva da una famiglia di contadini. Raffaele, alla Cresima, aveva avuto in regalo dal fratello Ciro un orologio con il cinturino in metallo. Ciro, quella mattina del 16 marzo era a casa e casualmente, grazie al vecchio televisore Mivar, vide l’immagine di un lenzuolo bianco che copriva un corpo morto. Spuntava da sotto al lenzuolo soltanto il braccio con l’orologio della Cresima. Questa è l’immagine emblematica che ricorre più volte nelle video proiezioni, questa immagine è la radice prima del dolore di Ciro, protagonista dello spettacolo. Questo dolore diventa rabbia, e questa rabbia lo spinge a rintracciare il giudice Imposimato titolare del processo al quale chiede di sapere la verità. Sarà il rapporto tra Ciro e il giudice, strutturato su questo forte desiderio di verità, a rendere chiaro al pubblico che la morte di Moro e dei giovani membri della scorta furono è “assecondata” dai più alti esponenti dello Stato italiano con la collaborazione dei Servizi segreti americani. 

Nello spettacolo assume una funzione altrettanto importante l’incontro e l’amicizia tra Ciro Iozzino e Adriana, la sorella del poliziotto Francesco Zizzi, altro membro della scorta di Moro, proveniente da Fasano in provincia di Brindisi, che quella mattina del 16 marzo era al suo primo giorno di lavoro sostituendo la guardia titolare che la sera prima, “stranamente”, era stata mandata in ferie. Francesco, diventato da poco poliziotto, aveva una grande passione per la chitarra e cantava le canzoni di Domenico Modugno, pugliese come lui e come lo stesso Aldo Moro che, in macchina, quella mattina, affrontava gli ultimi giorni della sua vita, ascoltando Zizzi che cantava “La Lontananza” di Modugno. 

L’ingenuità e la leggerezza dei membri della scorta irrobustiscono la disperata determinazione di Ciro Iozzino nella ricerca della verità. Questa ricerca lo porterà di fronte a molte “stranezze” portate avanti da statisti come Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. Tra le “stranezze” scoperte e denunciate da Ciro Iozzino nello spettacolo ne ricordiamo alcune: in genere un’ora dopo il rapimento di una persona le indagini venivano assegnate, come stabilito dal Codice di procedura penale, al giudice istruttore che a Roma, il giorno in cui avvenne la strage, era Ferdinando Imposimato. Invece le indagini, trasgredendo il Codice, rimangono nelle mani della Procura della Repubblica di Roma che le affida al giudice Imposimato solo il 18 maggio 1978 quando Aldo Moro è già stato ucciso da nove giorni. 

Le “stranezze” denunciate nello spettacolo continuano. Il 31 gennaio del 1978, circa due mesi prima del rapimento Moro, nasce l’UCIGOS, un organismo di polizia speciale che va a lavorare alle dipendenze del Ministro dell’Interno che all’epoca era Francesco Cossiga. La famiglia di Iozzino non si spiega come mai nasca una squadra speciale di polizia investigativa senza l’autonomia che la Costituzione gli affida perché alle strette dipendenze di un ministero. 

Qualche mese prima della strage di via Fani accade una cosa ancora più inspiegabile, viene smantellato l’Ispettorato antiterrorismo diretto da Santillo che aveva raggiunto risultati eccellenti contro i terroristi e contro la Loggia Massonica P2. Fatto fuori Santillo e la sua “squadra”, a indagare sul terrorismo, prima del rapimento di Moro, rimaneva solo l’UCIGOS, che era alle strette dipendenze del ministro Cossiga. 

Chi aveva interessi a cancellare la squadra antiterrorismo di Santillo per fondare una polizia alle strette dipendenze di Cossiga? –si chiede Ciro Iozzino. Altra terribile verità scoperta da Ciro e denunciata nello spettacolo è quella secondo la quale uomini dell’UCIGOS ad agosto del 1978 erano già stati in via Montalcini n. 8, la prigione di Moro e che il quadro generale dei fatti fosse chiaro a pezzi dello Stato già allora. 

La denuncia finale che Ciro Iozzino fa nello spettacolo, e che allontana ogni dubbio sulla partecipazione dello Stato alla condanna a morte di Moro, suffragata da documenti, riguarda le rivelazioni di Pieczenik, un esperto di terrorismo mandato segretamente in Italia dal governo USA per la gestione del caso Moro. Pieczenik fa delle rivelazioni di cui è in possesso il giudice Imposimato e che riportiamo in parte, che diventano un momento importante dello spettacolo e, nel contempo, la rivelazione finale della verità sui mandanti dell’assassinio di Moro: “Quando Moro ha fatto capire attraverso le sue lettere che era sul punto di rivelare dei segreti di Stato e di fare i nomi di coloro che quei segreti detenevano, in quel momento mi sono girato verso Cossiga dicendogli che ci trovavamo a un bivio: se Moro potesse continuare a vivere o dovesse morire con le sue rivelazioni. La decisione di far uccidere Moro non è stata una decisione presa alla leggera. La decisione finale è stata di Cossiga, e presumo anche di Andreotti: Moro doveva morire.” 

Note di regia 

“Un altro spettacolo su Moro? Non se ne può più.” -direte. Avete ragione. Più che di spettacoli sul caso Moro c’è la necessità di sapere la verità sulla sua morte. Questo nostro lavoro vuole prima di tutto contribuire alla scoperta della verità e alla sua divulgazione. È un po’ altezzoso il fine ma le scoperte del giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro, fino all’assassinio del fratello Franco, vanno verso la costruzione di una chiara verità: “Moro doveva morire”, era utile bloccare la sua apertura alla sinistra. 

Le nuove rivelazioni del giudice Imposimato rappresentano la base contenutistica del testo dove però le scoperte del giudice, sono intrecciate con la vita di Iozzino e Zizzi, due membri della scorta. Raffaele Iozzino era il poliziotto che riuscì a sparare due colpi contro i terroristi. Francesco Zizzi, era poliziotto ma soprattutto grande chitarrista e cantante di piano bar. Era al suo primo giorno di lavoro avendo sostituito, proprio quella mattina, la guardia titolare che aveva presentato un certificato medico. Nelle parole e nelle azioni di Ciro Iozzino, fratello di Raffaele, protagonista dello spettacolo, abbiamo voluto descrivere le ansie e la disperazione di un ragazzo del sud a cui “distruggono” la famiglia. Con la figura della mamma di Raffaele, continuamente evocata, abbiamo voluto far parlare la disperazione di una mamma che non riesce a darsi pace, una mamma che vede il figlio partire per servire lo Stato e che rimane ad aspettare la verità da più di trent’anni. Nello stesso tempo crediamo che questo lavoro contribuisca ad informare sulle “colpe” di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti che “non hanno voluto salvare Moro”.  (Ulderico Pesce)

14 | 17 novembre

I SANDALI DI ELISA CLAPS

ULDERICO PESCE

Di Ulderico Pesce
Regia Ulderico Pesce 
Con Ulderico Pesce, Pierangelo Camodeca (fisarmonica)

Produzione Centro Mediterraneo Delle Arti

Prima milanese

Il Teatro Menotti di Milano porta in scena, dal 14 al 17 novembre, la prima milanese dello spettacolo teatrale “I sandali di Elisa Claps“, scritto e interpretato da Ulderico Pesce. Il monologo, arricchito dalla musica dal vivo di Pierangelo Camodeca alla fisarmonica, ripercorre la tragica vicenda di Elisa Claps, la sedicenne uccisa da Danilo Restivo nel sottotetto della chiesa della Trinità di Potenza il 12 settembre 1993. Il corpo della ragazza rimase nascosto per ben 17 anni, con la complicità di esponenti della chiesa locale e altri soggetti mai identificati.

La storia è raccontata attraverso gli occhi e le parole di Antonio, il padre di Elisa, un semplice tabaccaio di Potenza, appassionato di rose profumate. Un uomo che, nella sua ricerca della verità, ha perso fiducia sia nella magistratura che nella chiesa, restando chiuso nel proprio dolore, senza mai esporsi pubblicamente. Le sue domande e perplessità, così come la sua rabbia e il suo sconforto, rimangono imprigionati nel cuore di un padre che amava profondamente la figlia. La sofferenza lo porta alla malattia e infine alla morte, ma Antonio trova una sorta di pace nel pensiero che la malattia lo avrebbe riavvicinato alla sua amata Elisa.

Ulderico Pesce, oltre a portare in scena questo doloroso racconto, si è battuto pubblicamente per ottenere giustizia. Ha chiesto più volte ai vescovi Ligorio e Carbonaro la rimozione della lapide all’interno della chiesa della Trinità, dedicata a don Mimì Sabia, definito “grande formatore di adolescenti”, una descrizione che, secondo Pesce, non corrisponde alla verità. Infatti, Sabia e la chiesa di Potenza sono implicati in modo inquietante nella vicenda, come dimostra il ritrovamento di un materasso intriso di tracce biologiche nel sottotetto della chiesa, trasformando quel luogo sacro in un luogo di perdizione e possibili abusi.

Lo spettacolo, scritto con la consulenza di Gildo Claps e della signora Filomena, fratello e madre di Elisa, evidenzia le gravi mancanze nelle indagini, che non sequestrarono prove cruciali come i tabulati telefonici di Danilo Restivo o i suoi vestiti macchiati di sangue, ritardando così l’arresto dell’assassino e permettendo che uccidesse ancora, anni dopo, in Inghilterra.

Lo spettacolo non si limita a raccontare una storia di cronaca, ma solleva anche domande sulle responsabilità e omissioni delle istituzioni coinvolte, incluse le testimonianze contraddittorie di numerosi parroci della chiesa di Potenza. Inoltre, è attiva sul sito www.uldericopesce.it una petizione popolare per la chiusura definitiva al culto della chiesa della Trinità e la sua conversione in un centro per l’ascolto e il sostegno alle donne vittime di violenza, in un contesto in cui il fenomeno dei femminicidi in Italia continua a crescere.

La pièce rappresenta un forte atto di denuncia contro l’indifferenza e il silenzio di fronte a un orrore consumato in un luogo di culto, proponendo una riflessione profonda sulla giustizia e il rispetto delle vittime.

ULDERICO PESCE, definito da Rodolfo di Giammarco su La Repubblica“Un attore come ce ne sono pochi, un artista “impossibile” che sarebbe piaciuto a Italo Calvino, un raccontatore tenace che avrebbe colpito Natalia Ginzburg, un conferenziere poetico che avrebbe incuriosito il lato stoico-morale di Pasolini”. È nato in Basilicata, a Rivello. Allievo dell’Accademia di Teatro di Mosca diretta da Anatoli Vassilev, ha lavorato come attore con Luca Ronconi, Carmelo Bene, Giorgio Albertazzi, Giancarlo Sbragia, Gabriele Lavia, Gastone Moschin, Antonio Calenda, Franco Branciaroli, Monica Guerritore, Erik Baranowski ed altri. Ha creato progetti con le Università di Berlino, Parma, Roma, Potenza e Matera. Ha messo in scena Diario Ottuso di Amelia Rosselli, (andato in onda a Blob Fuori orario, Rai 3), Novecento di Alessandro Baricco, Levi Carlo Graziadio, scritto con Giovanni Russo. Successivamente ha scritto e diretto Contadini del Sud, tratto dall’opera di Rocco Scotellaro e Amelia Rosselli, con il quale ha partecipato a festivals in Australia, Argentina, Brasile, Uruguay, Cile, Colombia, Venezuela, Francia e Svizzera. Questo spettacolo, andato in onda su Rai Sat album, è stato definito da Franco Cordelli, sul Corriere della Sera: “Lo spettacolo più sorprendente della stagione teatrale”. Pesce ha scritto e diretto L’innaffiatore del cervello dell’anarchico Passannante, con il quale ha partecipato al Festival Internazionale di Teatro di Santarcangelo di Romagna e a festivals in Cile, Argentina e Perù. Lo spettacolo è diventato un lungometraggio per la regia di Sergio Colabona dal titolo Passannante. Ha messo in scena, inoltre, Storie di Scorie: il pericolo nucleare italiano, con cui ha vinto il premio Franco Enriquez; Asso di monnezza, A come Amianto, Petrolio, lavori sull’ambiente che Andrea Porcheddu, su L’Espresso definisce: “La lezione che viene dal teatro sull’ambiente parte da Pesce che ha allestito 4 spettacoli sull’ambiente. In linea Massimo Popolizio, Sista Bramini e il Teatro delle Ariette.” Petrolio, presentato al Teatro Argentina di Roma, ha fatto scrivere a Franco Cordelli su Il Corriere della sera: “Pesce è appassionato, vibrante, sprofondato nella realtà. Petrolio è un evento memorabile. Una storia che ti strappa l’anima. Commuove ogni spettatore.” Pesce ha allestito tre spettacoli dedicati al lavoro: Il Triangolo degli schiavi, FIATo sul collo, con cui ha vinto il premio Riccione “Marisa Fabbri”, definito da di Giammarco su la Repubblica: “Pesce con questo spettacolo merita 9 e mezzo per i sentimenti duri che si toccano”, e Il pane loro sulle morti bianche con Francesco Di GiacomoNel 2019 Ulderico Pesce ha scritto e interpretato “La bella vergogna“, prodotto con Matera Capitale Europea della Cultura 2019, per la regia de La Fura dels Baus. Altro spettacolo cardine portato in scena da Pesce è “Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia“, scritto con il giudice Ferdinando Imposimato, titolare dei primi processi sul caso Moro. Dal 2019 Pesce è nella giuria del Roma Fringe Festival che premia le migliori giovani compagnie d’Italia, assieme ad Antonio Rezza e Manuela Kustermann. A Pesce sono stati attribuiti inoltre i seguenti premi: “Premio Cassino Off alla carriera”, dal Comune di Cassino, dall’ Università di Cassino e da l’Unità; “Premio Calandra”, “Premio Legambiente”. Per il film Passannante ha vinto il “Premio del pubblico” al “15° Gallio Film Festival”, riconosciuto dal Mibac per “il suo alto valore educativo”, e al “Festival del Cinema di Malta”. A gennaio 2020, presso il Teatro di Vita di Bologna, “La fisarmonica verde” con Andrea Satta e i Tetes de Bois, per la regia di Pesce, ha vinto il “Premio dello Spettatore 2019“. Il lavoro teatrale svolto da Pesce è inoltre il fulcro del libro di Letizia Bernazza “Frontiere di teatro civile”, pubblicato da Editoria & Spettacolo. Pesce ha condotto la propria ricerca espressiva su un teatro strutturato sull’organicità e la verità emotiva. Con queste modalità ha portato in scena opere le cui tematiche sono strutturate sulla memoria, l’identità storica, la rilettura dei classici, i problemi ambientali e del mondo del lavoro. Ha pubblicato “Trilogia dei deboli” per Lilitbooks con prefazione di Sigfrido Ranucci di Report che contiene le opere teatrali “L’innaffiatore del cervello di Passannante”. “Petrolio” e “FIATo sul collo”. Rodolfo di Giammarco (La Repubblica), Franco Cordelli (Il Corriere della Sera) e Debora Petrobono (Teatro di Roma) lo hanno inserito nel Festival “la mia poetica”, svolto presso il Teatro Argentina di Roma. Pesce ha tenuto conferenze e lezioni sulla “poetica espressa nei suoi spettacoli” presso le Università di Roma “la Sapienza” e “Roma Tre”, e le Università di Taranto, Bologna, Salerno, Cassino e di Potenza e Matera. L’estetica teatrale e le modalità di scrittura scenica ideate da Pesce sono state oggetto di circa 10 tesi di laurea.  

STAGIONE 2024 | 2025

BIGLIETTERIA

PREZZI

  • Intero – 32.00 € + 2.00 € prevendita
  • Ridotto over 65/under 14 – 16.00 € + 1.50 € prevendita
  • Abbonamento Menotti Card 4 ingressi €608 ingressi €110

TEATRO MENOTTI

Via Ciro Menotti 11, Milano – tel. 0282873611 –  biglietteria@teatromenotti.org

ORARI BIGLIETTERIA

Dal lunedì al sabato dalle ore 14.00 alle ore 18.30, dalle 19.00 alle 20.00 solo nei giorni di spettacolo

Domenica ore 14.30 | 16.00 solo nei giorni di spettacolo

Acquisto online:

“Moro: https://www.teatromenotti.org/evento/moro-i-55-giorni-che-cambiarono-l-italia.aspx

https://www.teatromenotti.org/evento/i-sandali-di-elisa-claps_4091.aspx

Con carta di credito su www.teatromenotti.org

ORARI SPETTACOLI

Dal martedì al sabato ore 20 – Domenica ore 16.30 – Lunedì riposo

Categorie comunicato stampa

Lascia un commento

search previous next tag category expand menu location phone mail time cart zoom edit close