
RECENSIONE
È in scena al Teatro Strehler Simone Cristicchi con il suo spettacolo che celebra oltre 500 rappresentazioni avvenute in circa dieci anni in vari teatri italiani. Il titolo prende il nome da un enorme magazzino di oltre duemila metri quadri dove furono ammassati i più vari elementi di arredamento appartenenti alle persone che affrontarono l’esodo dalle loro terre a seguito del Trattato di Pace di Parigi del 1947 che, al termine della seconda guerra mondiale, stabilì il distacco dall’Italia dei territori dell’Istria, di Fiume e di Zara che furono annesse alla Jugoslavia di Tito. Era il 1947 e circa 300.000 persone lasciarono la loro terra perché contrarie al regime comunista dittatoriale titino. Quelle masserizie non furono mai recuperate dagli esodati che si erano rifatta una vita, la maggior parte in Italia e molti di loro nei più svariati paesi del mondo. Nello spettacolo, ambientato a oltre settant’anni dopo l’esodo, Cristicchi impersona il romano Persichetti un immaginario archivista inviato a Trieste dal ministero dell’interno a fare l’inventario dei beni conservati nel magazzino rimasto abbandonato e infestato dai topi. Attraverso un video che prende interamente il proscenio vediamo la nuca dell’uomo mentre osserva la cospicua mole dei beni accatastati e intanto inizia a commentarne la grandezza e il disordine, poi il telo viene sollevato e lui appare sulla scena mentre telefona al suo capo per descrivergli con un forte accento romanesco quello che si trova davanti: oggetti tra i più vari, ciascuno dei quali sembra aver modificato la sua funzione primaria per acquisire quella dei ricordi rappresentati dalle persone che li hanno posseduti. Per ogni oggetto c’è una vita che si è trovata a dover modificare il suo corso per passare a una nuova realtà più dolorosa. Da qui il narrare di Persichetti si sposta ad altri avvenimenti che colpirono il territorio. Come quello del massacro delle foibe che viene evocato da Domenico, un giovane ventisettenne che era riuscito a sopravvivere dopo che era stato gettato in un inghiottitoio. Domenico ricorda come era stato sequestrato in casa e alla madre che aveva chiesto spiegazione ai sequestratori era stato risposto che era “solo per formalità”. Altri invece non erano sopravvissuti e di questi Domenico racconta la storia come quella della partigiana Norma che prima di essere uccisa era stata anche stuprata.
Nel corso dello spettacolo Cristicchi esce e entra nei panni del personaggio di Persichetti. Nel primo caso racconta altri accadimenti inerenti a fatti dolenti che interessarono il territorio come quello che riguardò un centinaio di persone, perlopiù ragazzi, che assistevano a una gara di nuoto e rimasero uccisi da un’esplosine di materiale bellico sulla spiaggia di Vergarolla. O anche quella dei circa duemila operai comunisti di Monfalcone che, dopo essersi trasferiti in Jugoslavia, subirono nel 1948 la “rieducazione” nell’isola di Goli Otok voluta da Tito quando questi si era distaccato dalla linea di Stalin che lo aveva isolato accusandolo di nazionalismo e deviazionismo rispetto alla dottrina marxista-leninista. E lo fa aiutandosi anche con le canzoni, la maggior parte scritte da lui, anche se non tutte. Non quell’intensa “1947” a firma di Sergio Endrigo, anche lui appartenente al gruppo degli esodati quando a 14 anni con sua madre lasciò Pola, la sua citta natale. E lo fa anche in chiusura con un coro di bambini, i Mitici Angioletti di Maria Francesca Polli che aggiungono grazia e spessore a tutto l’evento.
Lo spettacolo non segue la cronologia storica dei fatti narrati, ma questa è stata una scelta dell’autore che ne ha voluto rendere più agevole e appassionante la resa teatrale che altrimenti sarebbe potuta cadere in una semplice narrazione storica con il rischio di perdere in dinamismo. E infatti così l’attore aveva dichiarato: “la cosa più complicata è stata raccontare la situazione storica. Il rischio era ovviamente quello di annoiare e quindi abbiamo sintetizzato un arco di tempo di quarant’anni in cinque minuti di orologio”. Naturalmente quei “cinque minuti di orologio” sono circa cento minuti di presenza scenica senza soluzione di continuità ma che si seguono appassionatamente e in più punti riescono anche a commuovere. Certo gli avvenimenti narrati possono aprire dubbi e perplessità quando vengono richiamate opposte ideologie. Il senso del tutto è che ogni ideologia può rivelarsi funesta quando è portata a manifestazioni estreme. E Cristicchi avverte: “Ognuno scenda a patti con gli scheletri che ha nel proprio armadio”. Del resto, lo dice in scena anche Persichetti: i fatti narrati sono come le matriosche, che lui chiama “pupazze”, ciascuna di esse ne contiene un’altra più piccola all’interno e sembrano non finire mai e a volte possono anche essere in contrasto tra di loro.
Nella serata della prima alla quale ho assistito Cristicchi per l’opera che ha scritto è stato premiato dall’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Lo spettacolo, molto applaudito da un folto pubblico, sarà in scena fino a domenica, 6 ottobre.
Info per prenotazione e acquisto biglietti in calce all’articolo.
Visto il giorno 1° ottobre 2024
(Carlo Tomeo)
Piccolo Teatro Strehler (largo Greppi – M2 Lanza), dall’1 al 6 ottobre 2024
Magazzino 18 di e con Simone Cristicchi scritto con Jan Bernas – regia di Antonio Calenda – musiche e canzoni inedite Simone Cristicchi – con la partecipazione del coro Mitici Angioletti di Maria Francesca Polli – musiche di scena e arrangiamenti Valter Sivilotti registrate dalla FVG Mitteleuropa Orchestra – scene Paolo Giovanazzi – luci Nino Napoletano – suono Carlo Turetta – coproduzione Teatro Stabile del Friuli e Corvino Produzioni
Orari: giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.30; domenica, ore 16.
Durata: 100 minuti senza intervallo
Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro
Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org
