“Ho paura torero” al Piccolo Teatro Grassi – Recensione

In una struttura costituita da casse di varie dimensioni che, si verrà a scoprire, non sono soltanto elementi scenografici ma assumono anche un significato simbolico, si svolge la storia di La Fata dell’angolo (Lino Guanciale), un travestito non più giovanissimo che una sera era sfuggita a una retata della polizia grazie all’aiuto di un giovane che aveva incrociato sulla sua strada e che l’aveva nascosta. Quel giovane conquistò con il suo gesto il cuore di lei. Disse di chiamarsi Carlos (Francesco Centorame) e poteva essere un nome inventato ma questo non importava, aveva dichiarato di essere uno studente universitario e aveva bisogno di un luogo dove conservare i suoi libri e lei li accolse, lui e i libri, nella sua casa malconcia ma provvista di soffitta. E lo fece per riconoscenza ma anche perché si era acceso in lei un sentimento come non provava da tempo.

È questo l’inizio di “Ho paura torero”, lo spettacolo presente al Piccolo Teatro Grassi e tratto dall’omonimo romanzo di Pedro Lemebel nella trasposizione teatrale di Alejandro Tantanian con Lino Guanciale e diretto da Claudio Longhi. Come antefatto si assiste a un breve filmato proiettato sullo sfondo riportante un estratto dell’ultimo toccante discorso di Salvator Allende dell’11 settembre 1973 al momento della sua destituzione, (“Le mie parole non sono di amarezza ma di disillusione”). Poi siamo catapultati nel 1986 a Santiago del Cile in piena dittatura di Pinochet (sullo schermo appare la coppia sorridente del dittatore e di sua moglie Lucia) pronti a rivivere gli accadimenti di quegli anni attraverso la voce di Fata e degli altri personaggi. Rivivere è la parola corretta perché i vari personaggi, oltre a comunicare direttamente tra loro con battute proprie del teatro, recitano anche i fatti esterni che descrivono e introducono a mo’ di didascalie le diverse situazioni proprio come accade nella scrittura del romanzo.

Intanto conosciamo il carattere di Fata attraverso i suoi discorsi a volte allegri altre malinconici. Si (ci) racconta. Vive in un quartiere povero abitato da vicine pettegole, ricama tovaglie per le ricche signore del centro, mogli di militari importanti, che la pagano bene perché lei è brava nel suo mestiere. Non si interessa di politica e, quando accende la radio, se si imbatte in un notiziario, cambia stazione e si collega a quelle che trasmettono canzoni strappacuore dei tempi andati (“Tu me acostumbraste” e in particolare “La Violetera” cantata dal suo idolo Sara Montiel). E però l’arrivo di Carlos ha destabilizzato il suo tran tran. È sufficientemente intelligente da capire che le casse che si ritrova in casa non contengono libri eppure non indaga, accetta anche che qualche volta Carlos ospiti per studiare in soffitta alcuni colleghi e, quando raramente le sfugge una richiesta di informazione, il ragazzo le risponde frettolosamente “poi ti spiego” ma quel “poi” non arriva mai. A volte le scappa uno scatto di ira e però quella volta che Carlos la prende in giro dandole della “diva” lei ha la presenza di spirito di rispondere allusivamente “Noi dive non conosciamo la rabbia, non ne abbiamo il diritto”.

Arriva il momento in cui Fata scoprirà la reale attività del suo amato che fa parte del Fronte Patriottico Manuel Rodriguez e la forza dell’amore la spingerà a collaborare. Per farlo dovrà farsi riconoscere, quando sarà il momento, con una parola d’ordine di tre parole e lei sceglierà la canzone che le è più cara e che gli canta: “Ho paura torero”. Ci sarà l’attentato a Pinochet del 7 settembre dal quale il dittatore uscirà illeso e intanto manifestanti contro la dittatura invaderanno la sala, presa a simbolo di una piazza dove i presenti sono incitati alla rivolta con grida e lancio di manifesti mentre sul fondale appaiono le immagini dei volti dei tanti desaparecido le cui madri vogliono giustizia. È questo uno dei momenti più suggestivi e coinvolgenti dello spettacolo dove vengono messi in uso diversi elementi che coinvolgono all’unisono le immagini proiettate dovute a Riccardo Frati, alle scene di Guia Buzzi, alle luci di Max Mugnai, e agli arrangiamenti musicali di Davide Fasulo, il tutto sapientemente orchestrato dall’originale inventiva del regista Claudio Longhi.

Sono tanti gli episodi della vicenda che si avvicendano nella rappresentazione e i personaggi di rilievo non sono solo Fata e Carlos ma anche Pinochet e la moglie, che appaiono come macchiette che suscitano a più riprese il riso se non fosse l’inquietudine che comunque riescono a comunicare per il ruolo che hanno rappresentato per la storia. Lui è in divisa anche quando si trova a prendere il sole su una sdraio a Viña del Mar, lei è un’isterica che continua a cambiare abito e ossessionata dalle scarpe che trae da una scarpiera, simbolo di altre mogli di dittatori che si annoverano nella storia e neanche tanto lontane. A interpretarli i bravissimi Mario Pirrello e Arianna Scommegna, entrambi ulteriori punte di diamante della messa in scena.

Spettacolo di ampio respiro, “Ho paura torero” descrive esperienze private e sentimentali considerate particolari nella loro natura e rese difficili da vivere quando sono collocate in un periodo storico ben preciso dominato dall’intolleranza e dall’oppressione che può essere quello degli anni di Pinochet ma che possono esserlo anche di altri periodi repressivi della nostra storia. L’amore di Fata è infelice ma è pur bello crogiolarsi nell’illusione (a niente serviranno le raccomandazioni dell’amica Rana) perché è pronta a dire che “Una fata folle sarà sempre pronta a farsi ingannare”. Lino Guanciale la interpreta in maniera spettacolare, sa calarsi così integralmente nella parte da risultare credibile in ogni gesto, in ogni frase, sa far commuovere e istigare al riso con una tale naturalezza da far pensare che il personaggio se lo sia cucito addosso con quella precisione oserei dire meticolosa che comunque gli è riconosciuta da tempo. Accanto a lui con pari credibilità Francesco Centorame nel ruolo di Carlos.

Ottime anche le recitazioni degli altri quattro attori impegnati in diverse parti e che hanno movimentato in più momenti le varie azioni.

Molti sono i punti di rilievo di questa rappresentazione tanto voluta sia da Guanciale che da Claudio Longhi, il quale non ha risparmiato tecniche per renderlo dinamico, ricco di invenzioni sceniche (si pensi ai duetti dei Pinochet sulla parte alta del palcoscenico), di rimandi simbolici in concomitanza alle scene che avvengono sul palcoscenico (la coppia felice in macchina costituita da Doris Day e Rock Hudson in contrasto con quella mesta, sempre in automobile, di Fata e Carlos), Il richiamo con immagini e musica del film “Sherlock Holms Operazione Goldfinger” durante la descrizione dell’attentato a Pinochet.

Grande successo da parte del pubblico che ha applaudito con convinzione e con diverse chiamate sul proscenio a teatro sold out. Repliche fino a domenica 11 febbraio.

Visto il giorno 8 febbraio 2024

(Carlo Tomeo)

(Video del Piccolo Teatro di Milano)

Piccolo Teatro Grassi (via Rovello, 2 – M1 Cordusio)

dall’11 gennaio all’11 febbraio 2024

Ho paura torero

di Pedro Lemebel

traduzione di M.L. Cortaldo e Giuseppe Mainolfi

trasposizione teatrale Alejandro Tantanian

regia Claudio Longhi

scene Guia Buzzi

costumi Gianluca Sbicca

luci Max Mugnai

visual design Riccardo Frati

Dramaturg Lino Guanciale

assistente alla regia Giulia Sangiorgio

con Daniele Cavone Felicioni, Francesco Centorame, Michele Dell’Utri, Lino Guanciale, Diana Manea, Mario Pirrello, Arianna Scommegna, Giulia Trivero

produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

foto di scena Masiar Pasquali

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30;

mercoledì e venerdì, ore 20.30 (salvo mercoledì 31 gennaio, pomeridiana per le scuole ore 15); domenica, ore 16. Lunedì riposo.

Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org

Categorie RECENSIONI

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