“Uccelli” di Aristofane al Teatro Menotti – Recensione

(© Gianfranco Ferraro)

“Uccelli” è una delle commedie del teatro greco tra le più rappresentate e il motivo è da ricercare nel suo contenuto politico che è un’allegoria del potere repressivo che può gravare su un popolo oppresso. Anche se buona parte della critica del ‘900 aveva respinto quest’ipotesi relegando l’opera a puro soggetto di evasione che l’autore aveva scritto senza fare riferimenti alla situazione del governo di Atene dei suoi tempi (ne parla, tra gli altri, lo studioso Raffaele Cantarella nelle sue note al volume del teatro completo di Aristofane, ed. Millenni dell’Einaudi, cfr pag 288 e seg.), l’attuale orientamento dei più importanti registi teatrali è in controtendenza, prestandosi il testo e l’azione della commedia a più di una metafora di natura politica. Tra costoro non è da meno Emilio Russo che ha pescato a piene mani nel testo più di un elemento che potrebbe essere preso a simbolo della società odierna. Lo fece nel 2019 con un adattamento così felice da fargli vincere il Premio Nazionale Franco Enriquez dello stesso anno. Quell’adattamento è stato ora riproposto al Teatro Menotti dove resterà in scena fino al giorno 11 di questo mese con qualche piccola modifica per attualizzarlo ai nostri giorni perché cinque anni possono sembrare pochi ma sono sufficienti a modificare situazione politica e sociale tale da creare nuovi equilibri (il buon intenditore recepisca che comunque si tratta, quando c’è, di satira politica).

La storia di “Uccelli” è nota. I protagonisti sono gli ateniesi Pistètero ed Evèlpide che, sentitisi oppressi dalle tasse che il governo della città impone ai cittadini e nauseati dal comportamento degli stessi, decidono di lasciare la città per andare alla ricerca di un luogo dove possano vivere serenamente. Si rivolgeranno perciò ad Upupa, che in passato era stato Tereo, re di Tracia e poi dagli dei trasformato in uccello, e gli proporranno di fondare una nuova città sospesa nel cielo e abitata dai due uomini e da tutti gli uccelli. Questi ultimi, dapprima riluttanti perché non si fidano degli uomini, alla fine accettano e la città viene fondata prendendo il nome di Nubicuculìa (si noti il divertente nome che è formato dai due sostantivi “nubi”, che rimanda al luogo, e “cuculìa”, nel quale è ravvisabile il verso degli uccelli, in particolare, in questo caso, del cuculo). Le cose sembrano prendere una buona piega anche se ai due uomini verrà inizialmente assegnato un giaciglio fatto di paglia e sterco e mangime per cibo, ma fortunatamente è tutto gratuito e naturalmente indenne da tasse. La città cresce d’importanza fino al punto di soverchiare gli dei che vivono oltre le nubi e iniziano a perdere potere e presto anche gli uomini dalla terra dovranno fare i conti con la nuova realtà. I nuovi dei ora sono gli uccelli e con loro a comandare sono i due ateniesi.

(© Gianfranco Ferraro)

In una scena occupata interamente da una funzionale gradinata in legno che richiama gli spalti di un teatro greco (e dovuta a Francesco Fassone) si muovono i personaggi (vestiti con soluzioni insolite e in particolare per gli umani ricche di suggerimenti – Brecht?- da Pamela Aicardi ). Prima i due protagonisti, con le loro lamentele riguardanti la condizione in cui vivono, e qui non mancano i riferimenti alle ingiustizie del potere che vengono fatti in chiave comica, poi il personaggio dell’Upupa, diffidente ma fondamentalmente ingenua, infine gli uccelli che sono il coro in sostituzione dei 24 coristi presenti nell’originale di Aristofane. Il linguaggio usato è variegato e non esente in alcuni casi da inflessioni volutamente dialettali, come ad esempio quella dell’Upupa, e il tutto rende le azioni più vivaci e divertenti. Bravissimi tutti e nove gli attori che sostengono anche più di un ruolo. Il fondale azzurro che rappresenta il cielo, e non sarebbe potuto essere diversamente, acquista varie tonalità a segnalare lo scorrere delle ore e sul quale compaiono figure proprie del teatro d’ombre create dalla Compagnia Controluce. A impreziosire tutta la rappresentazione sono le musiche scelte da Fabio Marconi, e da lui arrangiate, e che acquistano particolare valore nei brani eseguiti dalla talentuosa Camilla Barbarito.

(© Gianfranco Ferraro)

Una versione pop quella di Emilio Russo dove il testo di Aristofane mostra la sua attualità, ricca di trovate, e che si svolge in due ore di spettacolo esilarante accolta dal pubblico con lunghi applausi. Repliche fino a domenica 11 febbraio.

Visto il giorno 2 febbraio 2024

(Carlo Tomeo)

1 | 11 febbraio

UCCELLI di ARISTOFANE

EMILIO RUSSO

Produzione TieffeTeatro Milano 

Adattamento e regia Emilio Russo 
Con Enrico Ballardini, Camilla Barbarito, Giulia D’Imperio, Nicolas Errico, Claudio Pellegrini, Maria Vittoria Scarlattei, Emilia Scatigno, Jacopo Sorbini, Chiara Tomei 

Voce Camilla Barbarito

Produzione e arrangiamenti musicali Fabio Marconi

Scene Francesco Fassone

Costumi Pamela Aicardi 

Interventi di teatro d’ombra della Compagnia Controluce

Durata spettacolo 100’ con intervallo

PREZZI

  • Intero – 32.00 € + 2.00 € prevendita
  • Ridotto over 65/under 14 – 16.00 € + 1.50 € prevendita

ORARI SPETTACOLI

  • Dal martedì al sabato ore 20, Domenica ore 16.30, Lunedì riposo

TEATRO MENOTTI

Via Ciro Menotti 11, Milano – tel. 0282873611 –  biglietteria@teatromenotti.org

ORARI BIGLIETTERIA

Dal lunedì al sabato dalle ore 14.00 alle ore 18.30, dalle 19.00 alle 20.00 solo nei giorni di spettacolo

Domenica ore 14.30 | 16.00 solo nei giorni di spettacolo

Acquisti online https://www.vivaticket.com/it/Ticket/uccelli-di-aristofane/212162

Con carta di credito su www.teatromenotti.org

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