“Trilogia della città di K” al Piccolo Teatro Studio Melato – Recensione

(Federica Fracassi e Alessandro Berti)

Ha debuttato il 23 novembre al Teatro Studio Melato “Trilogia della città di K”, un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander (Chiara Lagani, drammaturga, e Luigi De Angelis, regista) ispirato all’omonimo libro della scrittrice ungherese Ágota Kristóf, composto da tre romanzi pubblicati tra il 1986 e il 1991 che raccontano la storia dei gemelli Lucas e Claus i quali, per essere messi al riparo dalla guerra, vengono condotti dalla loro madre in un paesino lontano dalla non meglio precisata città di K per essere affidati alla vecchia nonna, una donna cattiva che li accoglie freddamente, li maltratta, chiamandoli “figli di cagna” e li sottopone a lavori gravosi. I gemelli, inseparabili, crescono infliggendosi punizioni corporali per meglio forgiare il loro fisico contro ogni possibile sofferenza ed eventuale separazione future e intanto scrivono in un quaderno le loro esperienze quotidiane vissute con altri abitanti del paese. La separazione avverrà alla fine della prima parte del romanzo quando Claus, con un’azione diabolica architettata insieme al fratello, riuscirà a oltrepassare la frontiera dopo aver superato la linea di confine.

(Alessandro Berti e Consuelo Battiston)

La rappresentazione inizia con il personaggio di Ágota Kristóf (Federica Fracassi) seduta a una scrivania mentre scrive e legge il primo quaderno, quello che costituisce la prima parte del romanzo (“Il grande quaderno”). Le sue frasi, che hanno un carattere narrativo, sono accompagnate da frammenti di altre più recitative pronunciate dai vari personaggi le cui immagini sono evocate e visualizzate attraverso numerosi schermi di varie dimensioni che vengono calati dall’alto e posizionati in varie direzioni. In questo modo tutta la pièce acquista una coralità altamente espressiva sia dal punto recitativo che dal punto di vista visivo. È uno dei momenti più affascinanti di tutto il progetto per il quale il regista si è ispirato all’allestimento dell’architetta Lina Bo Bardi per il Museo d’Arte di San Paolo del Brasile dove le opere d’arte sono disposte non seguendo un ordine cronologico o monografico e qui, infatti, le sequenze delle immagini si alternano, si inseguono, si ripetono non sempre e non tutte seguendo un ordine temporale. Appaiono le figure dei genitori dei gemelli, i gemelli stessi bambini e preadolescenti, la nonna, il perverso curato del paese, la ragazza menomata e abusata, l’ufficiale omosessuale… Nella seconda parte (“La prova”) la recita acquista un andamento più tradizionale. I luoghi di svolgimento delle azioni che si svolgono nel grande parterre sono citati attraverso scritte luminose in uno schermo sul fondale. Gli attori recitano non solo le loro battute ma anche le didascalie che li riguardano. Il protagonista è Lucas (Alessandro Berti) che interagisce con gli altri personaggi tra i quali l’amata Clara (Federica Fracassi) e Mathias, il bambino figlio di una donna abusata dal padre e che in scena è rappresentata da una grossa scultura che spunta dal basso (voce fuori campo di Chandra Livia Candiani). Nella terza parte tornano in scena gli schermi che riportano però solo immagini e sono senza audio. Il protagonista è Claus, il suo nome è cambiato, ora si chiama Klaus è uno scrittore e non riconosce il fratello Lucas che era venuto a cercarlo. Tutto è ribaltato, una nuova verità si fa strada nella vicenda e il titolo di questa terza parte, “La nuova verità”, è sibillino perché fa intendere che le prime due ne raccontino altre. Ma qual è quella reale? La storia parla davvero di due gemelli oppure essi sono le due facce di un’unica persona? Inoltre è casuale che per sostenere il ruolo di Lucas e Klaus sia stato scelto lo stesso attore? E in fondo esiste una sola verità?

(Andrea Argentieri, Alessandro Berti e Lorenzo Gleijeses)

Testo distopico, non a caso definito come una favola nera, fatta di episodi cupi e dolorosi quali stupri, incesto, suicidio e omicidi, tradimenti e manifestazioni di follia e dove i personaggi sono votati ad azioni sacrificali anche se non volute. E, ancora, luogo dove “il verbo amare non è un verbo sicuro” e dove si vive il dolore del peregrinare e della separazione, mentre si riconosce che in una società fondata sul denaro non c’è spazio per la vita. E in questi temi si ritrova la vita della scrittrice che a ventuno anni scappò dall’Ungheria per sfuggire all’invasione dell’armata rossa e trasferirsi in Svizzera e sempre qui è possibile riconoscere l’attualità dei suoi romanzi.

(Federica Fracassi)

L‘ambizioso spettacolo messo in campo dal Piccolo Teatro di Milano, fortemente voluto da Federica Fracassi, dichiaratasi innamorata del romanzo della Kristóf già alla sua prima lettura quando uscì in Italia alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, e da lei progettato insieme alla Compagnia Fanny & Alexander, è stato realizzato con un notevole dispiegamento di mezzi che ha visto come bravissimi interpreti in scena Andrea Argentieri, Consuelo Battiston, Alessandro Berti, Lorenzo Gleijeses, oltre alla stessa Fracassi in quattro ruoli diversi e partecipazioni in video e anche voci fuori campo di oltre venti attrici e attori professionisti e non, si presenta seducente nella parte formale e avvincente nella realizzazione della trama, cosa non facile data la complessità delle vicende narrate dalla scrittrice. In questo è fondamentale la scrittura dovuta a Chiara Lagani che ha saputo tradurre il linguaggio letterario dell’opera in un linguaggio teatrale che si mantenesse vivo, semplice e immediato al pari del romanzo. La scelta registica di Luigi De Angelis è caduta su una scrittura “live” di eterodirezione già sperimentata in passato secondo la quale gli attori non imparano a memoria il testo ma ricevono le battute da recitare e i gesti da attuare attraverso auricolari dei quali sono muniti. In questo modo l’attore invece di recitare la parte del personaggio ne viene “posseduto” e lo rivive acquisendo quasi la funzione di un medium come capita per esempio alla Fracassi che parla con la voce della Kristóf. A questo sono da aggiungere l’idea dell’installazione dei video che, insieme al disegno delle luci, donano dinamismo alla migliore esposizione della complessità della vicenda oltre a conferirle ulteriore attrattiva dal punto di vista formale.

(in primo piano: Consuelo Battiston e Alessandro Berti)

Lo spettacolo per come è strutturato si esprime al meglio nel suggestivo Studio Melato che si rivela essere il miglior luogo deputato ad accoglierlo e dove resterà in replica fino al 21 dicembre, con eccezione nei giorni 7 e 8 dicembre.

Nei giorni 28 novembre e 14 dicembre a pochi minuti dal “chi è di scena”, il pubblico e gli operatori del teatro hanno l’occasione di incontrarsi in un momento informale di confronto sui temi di Trilogia della città di K. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria

Visto il giorno 23 novembre 2023

(Carlo Tomeo)

NUOVA PRODUZIONE PICCOLO TEATRO DI MILANO

PRIMA NAZIONALE

Trilogia della città di K.

un progetto di Federica Fracassi e Fanny & Alexander

tratto dal romanzo omonimo di Ágota Kristóf

Piccolo Teatro Studio Melato (via Rivoli, 6 – M2 Lanza)

Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org

Foto di Masiar Pasquali 

Categorie RECENSIONI, Senza categoria

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