
RECENSIONE:
Maria è nata e vissute infanzia e adolescenza nel paesino sardo di Soreni che non esiste sulla carta geografica perché è di pura invenzione. La madre che l’ha messa al mondo, rimasta vedova e povera, non potendo allevarla avendo altre tre figlie, l’ha data in adozione a Bonaria Urrai, la sarta benestante del paese. Per questo motivo Maria è cresciuta con la consapevolezza di avere due madri: quella naturale, non amorevole, e quella adottiva, che lei chiama Tzi Bonaria, sterile geneticamente ma non affettivamente. C’è però qualcosa di misterioso in questa donna che nasconde un segreto agli occhi di Maria la quale si domanda a cosa siano dovute alcune sue uscite notturne. Bonaria Urrai è una donna che in quelle uscite va ad “accabarare” (uccidere) le persone che stanno vivendo nelle sofferenze più atroci gli ultimi momenti della loro vita e che hanno bisogno con un atto pietoso e risolutivo di essere liberate da quei supplizi. Viene il giorno in cui Maria scopre quest’attività segreta della madre adottiva attraverso le rivelazioni dell’amico Andria il quale aveva sorpreso Bonaria mentre soffocava con un cuscino suo fratello Cosimo che aveva subito l’amputazione di una gamba a seguito di un incendio e che per questo aveva chiesto l’intervento della donna non sopportando più di vivere. Non potendo sostenere quella che ritiene una realtà inconciliabile con la sua morale, la donna decide di abbandonare il paese e di raggiungere Torino dove troverà lavoro.

Questo è l’argomento del romanzo di Michela Murgia che Carlotta Corradi ha adattato per il teatro. E protagonista, a interpretare il personaggio di Maria, è Anna Della Rosa. All’inizio la si ascolta mentre descrive la città di Torino dove le strade sono state costruite prima delle case, cosa per lei insolita considerando quanto accade nel suo paese di origine. Sono trascorsi alcuni anni dalla sua venuta in quello che lei chiama il continente, ha raggiunto una sua serenità, e però, quando riceve la comunicazione di una delle sue sorelle che l’avverte che la Tzi Bonaria è gravemente ammalata e forse in fin di vita, decide di tornare nel paese per accudirla. Da qui un salto temporale dove il filo si riavvolge e il racconto diventa un flashback. Ora Maria rivive i momenti lieti della fanciullezza, dell’adolescenza, i primi sussulti del cuore provati nel guardare lo sposo di una sua sorella al quale offre un pasticcino di mandorle posto su un vassoio e le sembrerà che l’uomo toccando il vassoio è come se avesse toccato la sua mano. Quei pasticcini fatti con mandorle e farina e che, nel farli, sua madre si raccomandava di usare poche mandorle e molta farina mentre a lei sarebbe piaciuto invertire la quantità degli ingredienti per esaltarne la dolcezza. Accanto a questi c’è il pensiero più doloroso, quello della non accettazione dell’attività segreta della donna che le faceva da madre e che la tormenta. Ma non è solo la figura di Maria ad apparire sulla scena: Anna Della Rosa nel raccontare, o meglio nel rivivere gli accadimenti del romanzo, cambia registro e si cala nei personaggi, soprattutto in quello della Tzi Bonaria. La favoriscono le luci che cambiano di intensità assumendo varie colorazioni che si trasferiscono sul vestito puntellando i momenti interpretativi secondo gli stati d’animo dell’interpretazione. Fin dall’inizio e per buona parte dello spettacolo (chiamarlo monologo sarebbe riduttivo) Anna Della Rosa recita su una pedana che rappresenta una sorta di distacco tra la figura da lei interpretata e il pubblico rappresentando, secondo quanto dichiarato dalla regista “la gabbia mentale in cui Maria è intrappolata e di cui riuscirà a liberarsi soltanto alla fine, compiendo il fatidico gesto richiesto dalla madre”. Nel romanzo della Murgia la scelta del finale è affidata al pubblico. In questo adattamento teatrale le frasi finali pronunciate dall’attrice, coperta da un significativo manto nero, sono di un’intensità e di un coinvolgimento emotivo di una tale forza espressiva da non poter non spingere il pubblico verso un’univoca interpretazione.

La tematica dell’eutanasia affrontata dalla Murgia nel suo romanzo ambientato negli anni ’50 del secolo scorso è argomento spinoso, e tuttora vivo nella nostra cultura dopo circa settanta anni, e per questo il testo mantiene la sua prorompente attualità e ne giustifica pienamente la trasposizione teatrale. Anna Della Rosa si muove nel piccolo spazio del palcoscenico rendendolo grande con la sola sua presenza grazie a una vocalità dalle diverse sfumature che passa con naturalezza dai toni bassi a quelli più alti unita a una gestualità del pari espressiva assecondando in questo le diverse colorature del testo che la regista Veronica Cruciani ha saputo valorizzare al meglio. Nell’unica sera in cui lo spettacolo è stato rappresentato al Teatro Menotti la sala era gremita e gli applausi del pubblico sono stati scroscianti.
Visto al Teatro Menotti il giorno 20 novembre 2023
(Carlo Tomeo)
“Accabadora”
Dal romanzo di Michela Murgia
Edito da Giulio Einaudi Editore
Drammaturgia Carlotta Corradi
Con Anna Della Rosa
Regia Veronica Cruciani
Foto di Marina Alessi
Produzione Savà Produzioni Creative, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale –

Recensione che sottolinea non solo l’unicità dell’opera ma anche dell’interpretazione. Toni, suoni, colori, parole, ogni dettaglio indispensabile ai fini di una recitazione profonda, partecipe, a tratti commovente. Grande attrice, applausi 👏
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