“La numero 13” al Teatro Elfo Puccini, sala Bausch – Recensione

RECENSIONE:

Una donna attraversa per il lungo e il largo in movimenti convulsi uno spazio dal bianco abbagliante. È mossa da un desiderio irrefrenabile di esprimere il proprio stato d’animo che deve fare i conti con ricordi dolorosi e lo fa ad alta voce perché venga meglio recepito da ascoltatori che sono presenti solo nel suo immaginario. Racconta che le sue giornate si svolgono in visita al Cimitero Monumentale davanti alla tomba numero 13 alla quale è particolarmente legata perché vi trova la statua di una figura femminile senza testa e senza braccia poggiata su un piedestallo di cinquanta-settanta centimetri che sembra fluttuare nell’aria e con la quale lei si identifica. I suoi ricordi hanno diverse sfumature di colore, passano dal nero di cupi atti dolorosi al roseo di tenere resipiscenze. La cosa con la quale lei ha sempre dovuto fare i conti è una sorta di rivalità con la sua sorella gemella che conquistava gli uomini con la sua esuberante femminilità in contrasto con lei che aveva come qualità riconosciute solo quella dell’intelligenza e il talento di un’artista. Ma, riflette la donna, mentre la femminilità è destinata a spegnersi con il passare degli anni, l’arte va oltre la morte, sa essere eterna. La sorella aveva una bambina, morta a tredici anni, che la donna amava di un amore più profondo di quello che provava la madre e la bambina la ricambiava con pari intensità. Il dolore per la sua scomparsa prematura è perciò inarrestabile e a poco servono le sedute consolatorie davanti alla statua numero tredici, dal numero non a caso simbolico, tanto che lei cerca di trovare un poco di sollievo imponendosi la fatica fisica di dipingere le pareti salendo su impalcature che sposta con forza in vari angoli dello spazio per sistemarli nei punti più disparati. E, per coprire quel bianco opprimente che le ottenebra la mente, lo fa intingendo da un barattolo la vernice gialla che, non a caso, è il colore che Goethe definì più prossimo alla luce ed è anche il giallo oro, simbolo dell’amore, del ritratto dell’Adele Blockbauer di Klimt. Intanto continua a dare voce ai ricordi che le si affannano nella mente e che la tormentano ancora di più sbattendoli in faccia al suo immaginario interlocutore il quale nel momento più drammatico apre uno squarcio nella sua mente alienata per rubarle la parola con una verità che dilania.

Il monologo, denso di pathos che Pia Fontana scrisse agli albori del 2000 e che fu portato in scena da De Capitani per la prima volta nel 2002, è stato riproposto con ineguagliata bravura da una Cristina Crippa sempre attenta alle varie sfumature della psicologia del personaggio interpretato e con la forza fisica che pure è richiesta in un’ora di spettacolo ininterrotto. Merito anche della messa in scena voluta da De Capitani, valorizzata dalle luci di Nando Frigerio, che ricorda simbolicamente un ambiente ospedaliero. Da vedere e da rivedere per cogliere tutte le varie sfumature di un’opera intelligente che non perde attualità malgrado il trascorrere degli anni. Repliche fino al 29 aprile.

Visto il giorno 20 aprile 2023

(Carlo Tomeo)

11> 29 aprile | sala Bausch

La numero 13

di Pia Fontana

regia Elio De Capitani

con Cristina Crippa

luci Nando Frigerio

produzione Teatro dell’Elfo

TEATRO ELFO PUCCINI, corso Buenos Aires 33, Milano – Mart/sab. ore 19.30; dom. ore 15.30 – Prezzi: intero € 34 / <25 anni >65 anni €18 / online da € 16,50 – Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021

Categorie RECENSIONI

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