
RECENSIONE:
“Spettri” appartiene al periodo del cosiddetto teatro borghese che Ibsen scrisse in lingua danese durante la sua permanenza a Roma, nel 1881. Fu rappresentato per la prima volta a Chicago l’anno successivo in lingua originale e solo nel 1883 andò in scena in Norvegia, peraltro non accolto favorevolmente a causa della scabrosità del tema. La vicenda è nota: è ambientata in una campagna norvegese dove vive la vedova del Capitano Alving, Helene, che si sta adoperando per gli ultimi preparativi necessari all’inaugurazione di un asilo realizzato grazie al lascito del marito. Gli altri personaggi sono il pastore Manders, collaboratore dell’iniziativa, il figlio di Helena, Oswald, appena arrivato da Parigi dove ha trascorso due anni di studio, il falegname Engstrand e sua figlia Regine che vive in casa Alving. La versione in italiano e l’adattamento di Fausto Paravidino, pur mantenendosi fedele al testo originale ed eliminando solo poche battute non indispensabili all’azione, assembla i tre atti originali in uno unico di circa un’ora e trenta, reso possibile anche grazie al fatto che la lunghezza del dramma voluto dall’autore non fosse particolarmente cospicua. Questo ha dato la possibilità al regista di rendere più fluide le azioni che si susseguono e che costituiscono l’ossatura del dramma, dove tutto inizia in sordina, all’apparenza senza alcun momento particolare e degno di nota, ma che poi si sviluppa in un crescendo fino ad arrivare alla drammatica e sconvolgente rivelazione finale. Gli spettri del titolo sono quelli sepolti nella mente di Helene e che periodicamente la vengono a visitare e a condurla all’angoscia, sono anche quelli del figlio Oswald, che rivive con dolore il suo vissuto per la l’assenza affettiva della figura paterna. Ma sono pure i fantasmi del passato che si aggirano, invisibili e silenti, ma non per questo meno presenti nella casa, a tratti avvolta da un fumo a simulare nebbia, e che è ben rappresentata da una scenografia dai toni scuri con un arredamento essenziale e un luminoso lampadario sospeso in alto che rimanda a un tempo che non c’è più, il tutto realizzato con accuratezza da Adomas Jacovskis. La vicenda si concentra maggiormente sul rapporto tra Helene e Oswald, dove la donna cerca di donare al figlio, finalmente tornato a casa dopo l’assenza di due anni, un focolare che gli dia il senso della famiglia, mentre questi si mostra recalcitrante, in quanto, per lui, dopo l’esperienza vissuta a Parigi, la famiglia non deve essere costituita necessariamente da persone consanguinee. Ma c’è altro a dargli il maggior tormento ed è quello che rivelerà alla fine.
Viene fatto spesso un parallelo tra le protagoniste di “Casa di bambola” e di “Spettri”, commedia che il drammaturgo scrisse esattamente due anni prima, dove, soprattutto alle considerazioni tratte nel secolo successivo, il personaggio di Nora, femminista ante litteram, che pure scandalizzò il benpensante pubblico norvegese, sia sempre attuale, mentre lo è sempre meno quello di Helene, donna che si piega alle convenzioni borghese nonostante viva una vita mancante di rispetto. E ora più che mai rimane vincente la figura di Nora.

Verrebbe da chiedersi, infine, come mai la sifilide della quale era affetto il capitano Alving sia stata trasmessa solo a Oswald e non anche a Regine, ma questa è un’incongruenza dovuta a Ibsen, che portò Joyce, dopo avere assistito a una rappresentazione del dramma, a scrivere, a proposito dei due fratellastri, un divertito epilogo “Spiega, o fato, se vuoi e se puoi, perché uno è sano e l’altro è guasto”.
Accanto a una Andrea Jonasson, sempre affascinante signora del palcoscenico, tornata a recitare in Italia dopo undici anni, gli altri attori Gianluca Merolli, Fabio Sartor, Giancarlo Previati, Eleonora Panizzo hanno reso bene nei ruoli per i quali sono stati chiamati a recitare. Determinanti le musiche che accompagnano tutta la messa in scena, tra le quali si distingue il “Valse triste” di Sibelius che accompagna la simbolica, forsennata, danza di Oswald e Regine. Funzionale anche il rumore del temporale che mette bene in evidenza l’ambiente di campagna.
Il dramma è stato accolto con entusiasmo alla sua prima rappresentazione milanese con particolari ovazioni nei confronti della Jonasson. Repliche fino al giorno 12 marzo.
Visto il giorno 7 marzo 2023
(Carlo Tomeo)
7>12marzo | sala Shakespeare
Spettri
di Henrik Ibsen
versione italiana e adattamento Fausto Paravidino
regia RimasTuminas
con Andrea Jonasson
e Gianluca Merolli, Fabio Sartor, Giancarlo Previati, Eleonora Panizzo
scene e costumi Adomas Jacovskis
disegno luci Fiammetta Baldiserri
musica Faustas Latėnas, GiedriusPuskunigis, Jean Sibelius, Georges Bizet
Foto di Serena Pea
produzione TSV – Teatro Stabile del Veneto
TEATRO ELFO PUCCINI, corso Buenos Aires 33, Milano – Mart/sab. ore 20.30; dom. ore 16.00 Prezzi: intero € 34 / <25 anni >65 anni € 18 / online da € 16,50 – Durata: 1 ora30 – Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021