
RECENSIONE:
È approdata al Teatro Manzoni, dopo i successi riportati nella trascorsa stagione 2022/23, la messa in scena della Compagnia Molière e La Contrada Teatro Stabile di Trieste de “Il malato immaginario” di Molière, protagonista Emilio Solfrizzi. Nell’adattamento di Antonio Coppolino i tre atti originali sono stati uniti in due tempi e sono stati eliminati i balletti degli intermezzi che Molière aveva inserito per compiacere Re Luigi XIV che apprezzava particolarmente questo genere di spettacolo. All’apertura del sipario, Argante (Emilio Solfrizzi), il malato immaginario del titolo, è solo in scena e si affaccia dal balcone di una monumentale torre che occupa la parte centrale del palcoscenico e che si erge in altezza per diversi metri. L’uomo è angustiato dal male che l’affligge e dalle fatture che deve pagare al medico per i molti medicinali prescritti e al farmacista per i numerosi clisteri che gli ha praticato. Chiama poi, urlante e ripetutamente, la cameriera Tonina che accorre trafelata e che, vedendolo iracondo e angustiato, lo rimprovera perché si ostina a sentirsi malato e a rendersi vittima dei medici che si approfittano delle sue ubbie per estorcergli denaro. Il terzo personaggio che entrerà poi in scena è Angelica, la figlia maggiore, che l’uomo ha deciso di far sposare, contro la di lei volontà, a un medico in modo da acquisire in famiglia una persona che potrà curare al meglio tutte le sue malattie. E da questo momento si entra nel vivo della commedia dove tutti i vari personaggi entrano di volta in volta in azione e gravitano intorno alla figura di Argante con i loro svariati scopi: la seconda moglie Bellonia, che è interessata solo al patrimonio del marito e, sognandone la dipartita, ha chiamato il notaio Bonafede affinché possa redigere un testamento a suo favore, la cameriera Tonina, che si mostra preoccupata per lo stato ipocondriaco del padrone, medici e speziale, che invece fanno leva proprio su quello stato per trarne vantaggio economico, le figlie Angelica e Luigina che, pur rivendicando una propria autonomia d’azione rispetto alla volontà paterna, sono comunque mosse da sincero affetto verso di lui, e infine il fratello Beraldo che, inquieto per la situazione, arriverà poi a risolverla per il meglio dimostrandosi quasi il deus ex machina di tutta la commedia.
Com’è noto, Molière scrisse questa che fu la sua ultima commedia, che lui chiamò farsa, per divertire il pubblico ma, com’era nella sua poetica, per inserirvi all’interno le sue idee politiche e che, per quanto riguarda il teatro, costituirono quella rivoluzione che portò alla nascita della commedia moderna. Egli, ne “Il malato immaginario”, approfittò del tema dell’uomo che credendosi malato, diventava facile preda di medici senza scrupoli, per denunciare il cattivo uso che si faceva della medicina e, in generale, di quei medici non eticamente professionali. Emilio Solfrizzi si mostra in questa accurata messa in scena un attento e puntuale interprete del pensiero di Molière e si concede, durante l’azione, digressioni ad hoc. Lo fa con accenni verbali ma anche con le sapienti gestualità e mimica del viso delle quali è maestro, sospeso tra il divertente e il divertito del mattatore che sa come conquistare il pubblico. Del resto nella conferenza stampa del giorno precedente alla prima aveva puntualizzato che la sua commedia era innanzitutto divertente, senza però sminuire quelle riflessioni che sono generate dalla satira e che molte volte sono conduttrici di un sottofondo di malinconia.

Rappresentare un testo classico oggi diventa il più delle volte un’occasione per registi e produttori di mettere in scena opere “rivedute e corrette”, attualizzate per renderle più appetibili (?) al pubblico. Spesso questa operazione è dovuta a esigenze produttive. Aldilà di ogni considerazione in merito a tali operazioni che a volte possono essere felici, altre meno giustificabili, c’è da riconoscere che un’opera classica rappresentata così come essa era nata, utilizzando costumi d’epoca e musiche riportanti alla stessa, risulta essere impresa encomiabile per la quale occorre dare merito alla produzione che la porta a termine. Per realizzarla è necessario disporre di una compagnia affiatata e in grado di servire allo scopo e, se poi questa è capitanata da un mattatore dalla carriera collaudata, il risultato non può che essere ottimo. È appena il caso di riportare quando asserito nella citata conferenza stampa da Solfrizzi il quale, riferendosi alla commedia, ha dichiarato che “la ciambella è riuscita con il buco”. E in effetti, dopo averla vista, è proprio il caso di riconoscere l’esattezza di quella dichiarazione. Emilio Solfrizzi ha dipinto un formidabile Argante, toccando tutte le sfumature espressive che sono le caratteristiche peculiari del personaggio, da quella riconducibile tout court alla farsa a quella che si riveste di malinconia quando non si sente compreso. Sa essere rabbioso con chi osa mettere in discussione la sua malattia che rappresenta la sola certezza che possiede e d’altra parte lo ammette egli stesso che l’uomo nasce malato perché da quel momento comincia a morire e il pianto della nascita è il segnale della sofferenza. Sa essere, però, anche furbo quando si tratta di alleggerire i costi delle cure alle quali si sottopone e pronto a rispondere per le rime a chi non si assoggetta alla sua volontà, come la cameriera Tonina e la figlia Angelica.
Se Emilio Solfrizzi è padrone incontrastato della scena, anche perché il testo stesso lo impone, i suoi comprimari non sono da meno in bravura. Lisa Galantini nel ruolo di Tonina incarna splendidamente tutte le caratteristiche tipiche del personaggio della cameriera che dalla commedia dell’arte si ritroverà poi in tutto il teatro del ‘600: irrispettosa, scherzosa, furba, ma fondamentalmente buona. Sergio Basile dalla comicità irresistibile nei panni dei due medici di Argante: il dottor Purgone, maestro delle purghe, come dal nome che porta, e il dottor Diaforetico, più “esperto” di medicina generale, entrambi dai parrucconi enormi, vestiti con abiti eccentrici che esaltano ancor di più la risibilità dei due personaggi. Luca Massaro interpreta Tommaso il nipote del dottor Diaforetico: vanitoso, ridicolo, sproloquiante, medico tutt’altro che capace che, nel momento di scoprire quella che dovrà essere la sua promessa sposa, dapprima crede che sia Bellonia e solo dopo, su segnalazione dello zio, capisce che si tratta di Angelica. Un vero tour de force dell’attore che, anche grazie agli abiti indossati, al trucco facciale e alla particolare modulazione della voce ha suscitano enorme ilarità nel pubblico. L’attore interpreta anche la parte dello speziale Fioravante che verso la fine della seconda parte irrompe in scena munito di attrezzi necessari a fare un clistere. Rosario Coppolino anch’egli in un doppio ruolo: quello del notaio Signor Bonafede, un azzeccagarbugli, formidabile parodia di chi si muove nei meandri della legge per cercare gli articoli che si possono prestare a interpretazioni utilizzabili per scopi truffaldini, e Beraldo, il buon fratello di Argante. Le altre tre attrici in scena, tutte e tre molto credibili nelle loro parti, sono Viviana Altieri e Cecilia D’Amico, nelle vesti di Angelica e Luigina, figlie del protagonista e Antonella Piccolo nella parte di Bellonia, moglie di Argante, fintamente devota al marito ma poi scoperta nella sua ipocrisia. L’innamorato di Angelica, dapprima occulto e alla fine riconosciuto, è Cleante, reso da Cristiano Dessì. Verrà segretamente introdotto in casa di Argante da Tonina, alla quale sta a cuore la felicità della ragazza, sotto le vesti di un sostituto del maestro di musica. Una simile scena verrà ripresa esattamente cento anni dopo da Pierre Beaumarchais nella sua opera “Le Barbier de Sévilleon” e poi utilizzata da Cesare Sterbini, il librettista de “Il barbiere di Siviglia” di Rossini.
La scenografia è molto affascinante: l’enorme torre in legno che si erge al centro della scena, dovuta alla bravura di Fabiana Di Marco, è metafora dell’ossessione di Argante, ne rappresenta la camera, con scaffali ingombri di boccette di medicinali, e dove l’uomo si rifugia per rimuginare sulla sua malattia, frutto in realtà del senso di solitudine che l’avvolge, nonostante la presenza delle persone che gli ruotano intorno. La poltrona dove egli siede ha la forma di un trono, simile a quello che si immagina usasse Molière nella sua rappresentazione che avveniva al cospetto di Re Luigi XIV: in quel modo il commediografo voleva far intendere che a teatro era lui il re e non il monarca che gli stava davanti. Emilio Solfrizzi ha voluto lanciare anch’egli un segnale simile? A completare la descrizione della messa in scena sono da citare i ricercati, colorati e sontuosi abiti e le parrucche, in particolare quelli indossati dai personaggi più eccentrici e risibili come i dottori e il notaio, tutte opere eccellenti di Santuzza Calì. Geniale, infine, la scena finale dove Argante è circondato da medici che sono simbolicamente rappresentati da pupazzi che gli dovrebbero insegnare la professione e lui ripete in un maccheronico latino quello che va via via imparando: in fondo appare facile parlare in latino e diventare medico…
La commedia ha riportato nella sera della prima, a sala piena, un grande successo di pubblico. Applausi molteplici a scena aperta, in particolare alle battute di Solfrizzi, che non si è risparmiato. Diverse le chiamate al proscenio. Repliche fino al giorno 20 novembre. Dal 22 novembre la Compagnia si sposta a Udine, quindi sarà in tournée fino al marzo 2023, con ultima rappresentazione il 26 marzo a Civitavecchia.
Segue video con trailer
Vista il giorno della prima, 8 novembre 2022
(Carlo Tomeo)
https://www.youtube.com/watch?v=aYmZpDHuvsw
Compagnia Molière e La Contrada Teatro Stabile di Trieste
in collaborazione con
Teatro Quirino – Vittorio Gassman
presentano
EMILIO SOLFRIZZI
in
IL MALATO IMMAGINARIO
di Molière
con
LISA GALANTINI
ANTONELLA PICCOLO, SERGIO BASILE
VIVIANA ALTIERI, CRISTIANO DESSI’
CECILIA D’AMICO, LUCA MASSARO
e con
ROSARIO COPPOLINO
Adattamento e Regia
GUGLIELMO FERRO
costumi Santuzza Calì
scenografie Fabiana Di Marco
musiche Massimiliano Pace
foto Riccardo Bagnoli
Al Teatro Manzoni di Milano fino al 20 novembre 2022
feriali ore 20,45 – domenica ore 15,30
sabato 19 novembre ore 15,30 e 20,45
BIGLIETTI
Prestige € 35,00 – Poltronissima € 32,00 – Poltrona € 23,00 – Under 26 anni € 15,50
Per acquisto:
biglietteria del Teatro
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telefonicamente 027636901
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