
Una nuova produzione del Teatro de Gli Incamminati arriva al Teatro Oscar di Milano in due serate, giovedì 28 e venerdì 29 aprile, Cantata profana, uno spettacolo, tre storie. Storie da ascoltare, da capire e da cui farsi rapire. Nel medioevo, il luogo teatrale per eccellenza era quello profano, lo spazio liminale che stava di fronte al tempio (pro-fanum): la piazza che collegava quotidiano e sacro, e dove l’umano s’incontrava – o scontrava – con il volto del destino. Cantata profana svolge questo ruolo, la voce di tre personaggi che fanno i conti con la propria identità e col proprio destino. Uno specchio nel quale rivedersi, o forse, solo delle storie che, abbiate fede, vi rimarranno dentro.
Giovedì 28 e Venerdì 29 aprile 2022 – ore 20.30
TEATRO OSCAR – Via Lattanzio 58/a, Milano
Cantata Profana
Testi di Gianmarco Bizzarri, Matteo Bonfiglioli, Bianca Montanaro
Direzione drammaturgica e cornice Luca Doninelli
Regia di Gianmarco Bizzarri
Con Matteo Bonanni, Lorenzo Casati, Maria Laura Palmeri e Andrea Soffiantini
Scenografia Michela Invernizzi
Produzione Teatro de Gli Incamminati – deSidera
Uno spettacolo, tre storie. E da cornice alle tre storie, una favola: il racconto dei Nove cervi incantati, già soggetto dell’opera musicale di Béla Bartók che ha ispirato il titolo dello spettacolo: “Cantata profana per tenore, baritono, doppio coro e orchestra” (1930). Le tre storie non si incontrano mai, ma in qualche modo condividono qualcosa… Deluso da una quotidianità sbiadita, un ragazzo abdica alla realtà per vivere tra avventure online e tramonti in HD; una giovane donna, alle prese con una gravidanza imprevista, è incalzata da un dialogo immaginario con il suo futuro figlio; un professore di liceo, incapace di farsi ascoltare dagli studenti, è schiacciato dai propri limiti, fino a mettere in discussione la sua intera esistenza. Cantata profana, oggi, vuole essere il luogo della narrazione: un varco spalancato nel dramma di tre personaggi che, a un certo punto della loro storia, si trovano a fare i conti con un destino di cui non conoscono il profilo. Una presenza che li interroga, li disturba, li incalza, coinvolgendoli in un corpo a corpo serrato con il mistero irriducibile delle cose. Tre vite messe alle strette, che in ogni azione, gesto o parola, gridano una domanda che non ammette soluzioni provvisorie: come si fa a vivere?
Note di Regia
Lo spettacolo prende le mosse da tre testi indipendenti, tre monologhi originali commissionati nella primavera del 2021 da Gabriele Allevi e Luca Doninelli, direttori del festival deSidera. Il progetto originale prevedeva l’organizzazione di un rito collettivo tra sacro e profano: una “processione teatrale” che avrebbe riunito donne e uomini mossi dalla volontà di condividere e affidare le proprie incertezze, ferite, desideri. Significativamente, una volta avvicinati, i tre testi nati da questa proposta hanno rivelato di essere percorsi da un’identica domanda, un unico allarme: come si fa a vivere? Viene in mente un’indicazione di Testori, che nelle Conversazioni affermava che “non sbaglierà, nonostante tutti gli errori, chi avrà voluto bene alla realtà”. Ma oggi la questione appare più decisiva che mai: come si fa ad amare la realtà, questa realtà, fatta di tragedie pubbliche e private, di malattie, guerre e stermini che non ammettono ragioni? Mai come ai nostri tempi il mondo è apparso un luogo inospitale, insostenibile. Paure e angosce sono il rumore di fondo delle nostre giornate: l’incubo di una fine incombente (leitmotiv di tanta cultura artistica, cinematografica, musicale) sembra svuotare di senso il presente e chiudere le porte del futuro. “Il bosco – scriveva Caproni in una bellissima poesia – s’è mutato / in allarmata radura”. Da dove ripartire? Quando nell’estate 2021 le limitazioni imposte dalla situazione pandemica ci hanno costretto ad abbandonare l’ipotesi di una processione itinerante, ci siamo trovati a dover re-inventare il contesto, la cornice della messinscena: per l’ispirazione ci è venuta in soccorso un’opera musicale del compositore ungherese Béla Bartók, la Cantata profana per tenore, baritono, doppio coro e orchestra. Il debito è esplicito fin dal titolo, mentre la registrazione di un’esecuzione dell’opera stessa accompagna lo spettatore durante l’ingresso in sala: l’eredità più significativa però riguarda il soggetto della Cantata profana di Bartók, la fiaba dei Nove cervi incantati. È questo racconto, infatti, a fornire allo spettacolo lo sfondo simbolico in cui vengono incastonati i tre monologhi. Si tratta di una ballata popolare originaria del folklore rumeno, una storia dal sapore mitico-fiabesco che presenta una contrapposizione archetipica tra un padre-cacciatore e nove figli tramutati in cervi. Un dialogo, un conflitto, un rapporto. Anche lo spazio scenico (a cura di Michela Invernizzi) concorre alla costruzione di questa cornice favolistica. Attraverso la mediazione di una finestra rettangolare (che può variamente richiamare uno schermo dell’era digitale, un boccascena o la vetrina di un diorama da museo di storia naturale), l’occhio dello spettatore accede allo spazio chiuso di una stanza, dietro alla quale – per mezzo di pochi segni stilizzati – si spalanca un elemento boschivo. È la selva oscura, la foresta di simboli di Baudelaire, il bosco in allarme di Giorgio Caproni: il luogo dello smarrimento e, al contempo, lo spazio dell’incontro col mistero; una soglia infernale dove l’occhio e l’orecchio si fanno più attenti, tesi a cogliere un segnale (il respiro di un animale, il fischio del bracconiere). Il luogo dove il piede si stacca dalla via e si addentra nell’ignoto: l’unico, cioè, dove una metamorfosi può accadere. Ma un cambiamento reale nasce sempre in un rapporto, in un contatto, in un contagio con l’altro. E l’esperienza di questo spettacolo ci ha confermato che il lavoro condiviso (a partire dalla drammaturgia ‘composita’) è la maggior risorsa di una compagnia teatrale. Sempre per questa ragione, della Cantata profana di Bartók abbiamo voluto mimare anche la forma dialogica: come nella prima le voci del tenore e del baritono si fronteggiano e si incalzano, così anche i tre monologhi non restano slanci isolati, ma ad essi viene contrapposta una parola di “paterna fraternità” (secondo un’espressione di Testori) firmata da Luca Doninelli e recitata sulla scena da Andrea Soffiantini.
INFORMAZIONI
deSidera Teatro Oscar
Via Lattanzio 58/A, Milano
info@oscar-desidera.it – 334 8541004
BIGLIETTERIA
biglietteria@oscar-desidera.it
Biglietto intero 18 euro
Biglietto ridotto 15/10 euro
In abbonamento
BIGLIETTERIA ONLINE: Vivaticket.it
BIGLIETTERIA DEL TEATRO: apre da 1 ora prima l’inizio dello spettacolo
UFFICIO STAMPA Walter Spelgatti