“Le sedie” al teatro Carcano – Recensione

Al TEATRO CARCANO di MILANO

LE SEDIE di Eugène Ionesco

Regia Valerio Binasco

Con Michele Di Mauro e Federica Fracassi

Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

RECENSIONE:

Lo scenario è rappresentato da un locale dalle mura scrostate, il pavimento in pendenza verso il proscenio, un mucchio di sedie accatastate sulla destra, due sedie sul proscenio, sul fondale una finestra senza ante da cui si vede un cielo azzurro in contrasto con il colore grigio di tutto l’ambiente, un’altra finestra invisibile è da immaginare affacciante sul proscenio. A differenza delle didascalie di Ionesco, che descrive la scena attraverso un disegno e che prevede ben otto porte più due nascoste sul fondo, qui la porta è una sola, sulla parete destra, è nascosta al pubblico e ha l’unica funzione di accogliere gli immaginari visitatori da parte dei protagonisti. Due vecchi in scena, con il volto ricoperti da una biacca e gli occhi truccati pesantemente, grossa parrucca sul capo della donna, e, dalle parole che si scambiano, si apprende che vivono in una casa su un’isola. Il vecchio ricorda che sono sposati da 150 anni ma poi parla di un luogo dove erano rimasti in un giardino per ottant’anni sotto la pioggia. E c’era una cattedrale. Quella località era Parigi, che sprofondò 400.000 anni fa, e della quale è rimasta solo una canzone: “Paris, Sera Toujours Paris”. Il vecchio si definisce un “maresciallo d’alloggio”, anche se, secondo la vecchia, avrebbe meritato un’occupazione e una carica più prestigiosi grazie alla sua intelligenza. Lei è molto protettiva nei confronti dell’uomo e gli si rivolge spesso come si fa con i bambini: per esempio, quando lo vede troppo vicino alla finestra lo invita a non sporgersi per non cadere nell’acqua. Non sempre si riesce ad avere una visione oggettiva del loro passato, nel senso che nei ricordi che li accomunano possono cadere in contraddizione: lei, in uno dei momenti più drammatici, rimpiange un figlio che li aveva abbandonati all’età di sette anni. Lui, al contrario, rimpiange di non aver avuto figli e avverte il rimorso di non essere stato vicino a sua madre mentre questa era in punto di morte. I due si predispongono a ricevere ospiti illustri ma anche persone comuni perché dovranno loro comunicare le scoperte fatte dal vecchio riguardanti l’umanità e che l’uomo ha invitato a diffondere agli astanti attraverso la voce di un oratore appositamente invitato. Nel frattempo, dopo aver mandato gli inviti, si preparano al convegno. L’autore li definì nella commedia con i nomi “il vecchio” e “la vecchia”. Però il vecchio chiama la compagna con il nome di Semiramide e non è a caso. Di quale Semiramide si parla? Forse della regina assiro babilonese che regnò nei primi anni dell’ottocento a.c. come reggente e amante incestuosa del figlio? Il nome di Semiramide è stato scelto perché il vecchio continua a rimpiangere la sua mamma tanto che deve essere consolato dalla vecchia che lo abbraccia come fosse un bambino e lo coccola: in questo modo lei assume contemporaneamente il ruolo di moglie e madre del figlio.

Finalmente, gli ospiti cominciano ad arrivare alla spicciolata e l’atmosfera si surriscalda ma la loro presenza sul palco non è visibile e i due protagonisti si danno un gran daffare per accoglierli convenientemente uno per uno, facendoli accomodare sulle varie sedie che non vengono prese materialmente da quelle accatastate ma viene fatto solo il gesto di prelevarle e appoggiate sul pavimento. Il vecchio e la vecchia si rivolgono contemporaneamente sia ai vari ospiti, sia scambiandosi dialoghi serrati tra loro due. C’è una scena di enorme valore recitativo ed è quando l’uomo s’infervora in un monologo lunghissimo senza prendere alcuna pausa, mentre la vecchia, trascinandosi ingobbita, preleva materialmente diverse sedie dall’enorme pila e le deposita sul pavimento. Non vado oltre nella narrazione per evitare spoiler. Scriverò solo che, se la chiave di lettura sul senso dell’inutilità di quel convegno, secondo Ionesco, ha una valenza politica, il regista Valerio Binasco, nella sua interpretazione, ha voluto mettere in risalto, invece, l’enorme complicità della coppia protagonista, il loro amore rimasto costante nonostante il passare degli anni, e la loro sofferenza nel sentirsi abbandonati su un’isola, tanto che, con il concludersi dei preparativi per la buona riuscita del convegno, riusciranno, con un gesto finale a sentirsi finalmente realizzati. Ecco così che una commedia dell’assurdo, che utilizza personaggi vestiti e recitanti in maniera grottesca, riesce a fornire quel senso di magnanimità e di comprensione, creando, come scrive il regista “una storia di tenerezza umana”.

Lo spettacolo sprigiona una forte emozione che, se vogliamo, può apparire insolita in Ionesco, nel senso che non muove al riso (si pensi per esempio a una “Cantatrice calva” o a “La lezione” e ad altri ancora, che sono tutto il contrario) ma che riesce a turbare con intensità. E questo soprattutto all’eccellenza interpretativa di Michele Di Mauro e Federica Fracassi che hanno dovuto affrontare un vero tour de force non solo nella recitazione ma anche nei movimenti sulla scena oltre che nella sopportazione di costumi e parrucche non certi agevoli. In particolare la Fracassi si è impegnata molto anche fisicamente, conservando per tutta la durata della pièce un’andatura incurvata, oltre che a farsi carico, sempre conservando la postura non eretta, del trasporto delle numerose sedie. Suggestiva la scenografia dovuta a Nicolas Bovey, che si è occupato anche delle luci, ottimi i costumi inventati da Alessio Rosati e sicuramente di effetto le musiche, specie in quella finale, curate da Paolo Spaccamonti. Molto coraggio da parte del regista Valerio Binasco che ha saputo trovare in un autore come Ionesco, tra i massimi rappresentanti del teatro dell’assurdo, anche, come egli stesso scrive: “l’altro lato del suo sentimento verso il teatro: l’amore”. Non posso scrivere di più, proprio per non spoilerare, tuttavia per chi conosce Ionesco e va a vedere lo spettacolo potrà capire il senso di quest’operazione scelta dal regista. Personalmente io lo ringrazio per aver fornito una nuova interpretazione sulla filosofia di un autore di teatro che è tra i miei preferiti e mi aspetto volentieri ulteriori sue idee in proposito.

Al termine dello spettacolo sono stati numerosi gli applausi e le chiamate in scena per gli artisti: il pubblico si è realmente entusiasmato e ne ha dato prova. Consiglio vivamente lo spettacolo che sarà in scena fino a domenica 20 marzo. (v. in fondo alla pagina i crediti e le info per prenotazione e acquisto biglietti).

Visto il giorno 15 Marzo 2022

(Carlo Tomeo: diritti riservati)

CREDITI:

Traduzione Gian Renzo Morteo I Scene e luci Nicolas Bovey I Costumi Alessio Rosati I Musiche Paolo Spaccamonti I Assistente regia Giordana Faggiano I Assistente scene Nathalie Deana.

Al TEATRO CARCANO di MILANO fino al 20 Marzo 2022.

ORARI: mercoledì, giovedì e sabato ore 20.30 / venerdì ore 19.30
domenica ore 16.00
PREZZI: poltronissima € 38,00 | poltrona/balconata € 30,00 ù
PRENOTAZIONI TELEFONICHE: 02 55181362 
VENDITE ONLINE: biglietti.teatrocarcano.com | vivaticket.it
TEATRO CARCANO corso di Porta Romana, 63 – 20122 Milano info@teatrocarcano.com | www.teatrocarcano.com
UFFICIO STAMPA TEATRO CARCANO Cristiana Ferrari ufficiostampa@teatrocarcano.com

Categorie RECENSIONI

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